
Morgan, Tiziana e l'auto ripescata dal Lago di Como
Morgan Algeri e Tiziana Tozzo stavano cercando di salvarsi. Erano riusciti a uscire dall’abitacolo della Mercedes, aprendo la portiera sinistra del veicolo. Ma non sono riusciti a risalire verso la superficie, vinti dalla mancanza di ossigeno, dal freddo o da un’embolia polmonare. La ricostruzione è contenuta nella relazione dei vigili del fuoco, che conferma quello che era già emerso nell’immediatezza, quando i sommozzatori erano riaffiorati dopo aver individuato sul fondale, a 15 metri di profondità nel buio più totale, i due corpi.
Dunque, stando a questi primissimi dettagli, Algeri avrebbe seguito esattamente le indicazioni di ciò che si deve fare per un salvataggio in queste situazioni, così come era stato addestrato a fare: mantenere i finestrini alzati per impedire che l’auto venga invasa da acqua che impedisce di liberarsi attraverso un passaggio stretto, e cercare di aprire una portiera per garantirsi un varco di uscita. Ma a quel punto, è subentrato qualcos’altro, che solo l’autopsia potrà stabilire, per arrivare a definire anche questo aspetto della causa di morte di Morgan Algeri, 38 anni di Brembate, e di Tiziana Tozzo, 45 anni di Cantù.
Già oggi il sostituto procuratore di Como Giuseppe Rose, che coordina le indagini della Squadra Mobile, potrebbe affidare l’incarico al medico legale, con la richiesta di ricostruire nel miglior modo possibile gli ultimi minuti vissuti dai due amici, che quella tragica sera erano usciti per quello che forse era il loro primo appuntamento. Serviranno invece tempi più lunghi per individuare il consulente in grado di esaminare l’auto, ora sotto sequestro, una Mercedes Glc 220 che Algeri aveva in uso da qualche mese. Infine, potrebbe essere disposta anche una ricostruzione cinematica, relativa a quei pochi metri di spostamento dal parcheggio al baratro.
Nel fascicolo di indagine, come è noto, sono finite anche le dichiarazioni secondo cui il trentottenne si era lamentato di problemi all’accensione dell’auto, non meglio specificati. Man mano che piccoli dettagli si aggiungono alla ricostruzione, si radica sempre di più la convinzione che quel balzo in avanti verso il lago sia stato causato da un evento esclusivamente accidentale, anche se è ancora presto per capire se riconducibile a un problema dell’auto o a un errore umano.
Non ultimo, anche il fatto che il veicolo fosse parcheggiato in uno stallo davanti alla panchina in cemento, che è stata speronata e spostata prima di abbattere la recinzione, e non in uno dei tanti posti liberi da ostacoli presenti in quella piazzetta in fondo a viale Geno, strada chiusa che porta al punto panoramico in cui si era fermata l’auto. Forse appena arrivata, o forse in procinto di ripartire, ma di base ferma, come hanno confermato gli unici due testimoni, una coppia che era in auto a un paio di stalli di distanza, unici presenti alle 22.40 di sabato sera. Che tuttavia sono stati in grado solo di vedere la Mercedes schizzare in avanti.
Seppure in maniera sempre più residuale, procedono comunque gli accertamenti della polizia per cercare di ricostruire ogni aspetto anche precedente all’incidente, come atto dovuto, in attesa che le consulenze diano tutte le risposte che ancora mancano, per dare una logica a quanto accaduto. Così inusuale e difficile da comprendere. Tra lunedì e martedì sono state ascoltate tutte le persone che potevano essere al corrente di informazioni di interesse e ora, per eventuali integrazioni, servirà aspettare i risultati tecnici.