
Polizia moldava. Nel riquadro, la vittima Franco Bernardo
Cerano Intelvi (Como) – “La morte di Franco Bernardo è avvenuta a seguito di asfissia meccanica mediante compressione degli organi del collo, utilizzando un oggetto allungato o largo”. Ma, allo stesso tempo, “non sono stati identificati segni o lesioni specifiche dell’esecuzione delle misure di rianimazione sul corpo della vittima”.
Le conclusioni del collegio peritale nominato dal Tribunale moldavo ribaltano completamente la versione finora sostenuta nel processo in corso per la morte del comasco di 62 anni residente a Cerano Intelvi, avvenuta a Soroca, nella notte tra il 31 maggio e il 1°giugno 2023. Unica imputata è Svetlana Botas, moldava di 57 anni, ultima compagna della vittima, accusata di “omicidio per negligenza”, con l’ipotesi che la morte dell’uomo sia stata causata da un tentativo troppo impetuoso di salvargli la vita dopo un presunto malore.
Eduard Digore, avvocato di parte civile nominato dalla famiglia della vittima, la ex moglie e i figli, che in Italia sono assistiti dall’avvocato Antonio Lamarucciola, aveva ottenuto a giugno la sospensione del processo per fare ulteriori indagini, accolta dal Tribunale di Soroca che ha incaricato i periti dell’istituto di Medicina Legale che fa capo la Ministero della Salute. Le conclusioni andrebbero in direzione opposta, escludendo la possibilità di un evento accidentale e insistendo sulle fratture dell’osso ioide. A questo si aggiunge la presenza sul corpo di “segni generalmente asfissianti”, arrivando ad accertare, anche sulla base di una corposa letteratura scientifica, che “le fratture dell’osso ioide, compresa la rottura dell’apparato legamentoso dell’articolazione corpo-corno destro, sono caratteristiche di una precedente compressione esercitata dal basso verso l’alto”.
La stessa conclusione a cui era giunto il medico legale comasco Giovanni Scola, che aveva eseguito l’autopsia su disposizione della Procure di Como e di Roma, quest’ultima competente per i casi che coinvolgono italiani all’estero. La relazione parlava di morte causata da “un soffocamento diretto, conseguente alla violenta costrizione della gola e delle prime vie respiratorie” e di segni che fanno ipotizzare “lievi tentativi per sfuggire all’aggressione e liberare le vie aeree ostruite, tanto da lasciare su di sé tracce superficiali, ma insufficienti a rendere possibile l’ossigenazione del sangue e il flusso respiratorio”. I periti moldavi hanno inoltre evidenziato la presenza, sulla Lacoste verde indossata quella sera da Bernardo di tracce ematiche che non appartengono alla vittima, ma a una persona non consanguinea.
L’ipotesi della parte civile, sostenuta fin da subito, è che ci siano state carenze investigative nello stabilire cosa fosse realmente accaduto quella sera, quando Bernardo era arrivato in ospedale ormai senza vita, trasportato all’interno di un furgone dalla Botas e dal figlio. La prossima udienza è stata fissata per fine mese, quando il Tribunale acquisirà formalmente la perizia depositata nei giorni scorsi.