PAOLA PIOPPI
Cronaca

Maestra trovata morta nel bosco: "Sì, Nadia l'ho ammazzata io". La confessione-choc

L'unico arrestato per il delitto di Nadia Arcudi, ha ammesso di aver ucciso la donna, oltre che di averne occultato il cadavere. Avrebbe fatto tutto da solo, ma il movente rimane ignoto.

Nadia Arcudi nel riquadro

Michele Egli, alla fine, è crollato. Davanti al magistrato ha confessato di aver ucciso la cognata, Nadia Arcudi. A un mese dall’omicidio, il quarantaduenne, unico indagato per il delitto e per l’occultamento del cadavere della donna, ha ammesso di averla aggredita e di essere il responsabile della sua morte. Finora Michele Egli aveva negato questa accusa, sostenendo - fin dalla notte del suo arresto avvenuto il 18 ottobre - di averla trovata già morta nella sua casa di Stabio, in Canton Ticino, e di essersi limitato a far sparire il corpo per evitare alla sorella e alla madre della vittima lo strazio di vederla in quelle condizioni. Per questo l'aveva caricata in auto e trasportata in Italia, scaricandola poi in un bosco di Rodero, a pochi metri dal confine con la Svizzera, dove era stata trovata il pomeriggio di domenica 16 ottobre. Due giorni dopo la sua scomparsa.

Rodero, 16 novembre 2016 – L'ha uccisa lui. Non si sa perché, e nemmeno come, ma un mese dopo l’omicidio di sua cognata, Nadia Arcudi, Michele Egli ha confessato di non essersi limitato a far sparire il suo cadavere, come aveva ammesso fin da subito, ma di essere anche il responsabile della sua morte. Il corpo della donna, insegnante elementare di 35 anni di Stabio, piccolo comune del Canton Ticino a poca distanza dal confine con l’Italia, era stato trovato domenica 16 ottobre in una zona boschiva di Rodero, lungo un sentiero che nei giorni feriali viene utilizzato come scorciatoia per raggiungere la statale. Era seminascosta in mezzo ai rovi, buttata in un avallo vicino a un piccolo corso d’acqua, circondata dalla spazzatura gettata dai passanti. Non aveva nulla con sé, se non un braccialetto di un evento sportivo che si era tenuto qualche settimana prima a Lugano, e che ha facilitato la sua identificazione. Nel giro di alcune ore, i carabinieri del Comando provinciale di Como, coordinati dal sostituto procuratore Massimo Astori, erano risaliti alla sua identità, e circoscritto sommariamente tempi e modalità della sua morte. Aspetti confermati dal medico legale e dagli sviluppi successivi di indagine: la morte della donna, e l’occultamento del suo cadavere in Italia, risalivano a due giorni prima, la sera di venerdì 14 ottobre, quando era stata soffocata all’interno della camera da letto della sua abitazione di Stabio. Avvolta in un tappeto, portata in Italia percorrendo un tragitto di pochissimi chilometri, e abbandonata nel bosco. Due giorni dopo, martedì sera, era stato fermato e arrestato il cognato, Michele Egli, tecnico informatico di 42 anni, che fin da subito aveva ammesso l’occultamento del cadavere.

«Non volevo che la madre e la sorella la trovassero in quelle condizioni  - aveva dichiarato al ministero pubblico di Lugano - e ho deciso di farla sparire». Era finito in carcere a Lugano con l’accusa di omicidio e di occultamento di cadavere, le stesse accuse per le quali è stato iscritto sul registro degli indagati di Como, dove procede l’indagine parallela per i fatti commessi in Italia. Ora, un mese dopo il suo arresto, il ministero pubblico di Lugano lo ha nuovamente interrogato, ed Egli ha ammesso di aver ucciso Nadia, e di aver fatto tutto da solo. I motivi di quell’aggressione, e le modalità esatte non sono ancora noti: a queste domande, come riferiscono gli inquirenti elvetici, l’uomo non avrebbe risposto. Tuttavia gli accertamenti di indagine svolti in queste settimane, ritengono per ora credibile che Egli non abbia avuto complici, e che sia stato in grado di trasportare il corpo della cognata fino al garage, caricarlo in auto e abbandonarlo a Rodero, senza l’aiuto di nessun altro.