"Porterò Bergamo in Europa, come Gasperini ha fatto con l’Atalanta". Utilizza un paragone calcistico Giorgio Gori per lanciare la sua corsa elettorale alle elezioni Europee dell’8 e 9 giugno, ormai alla scadenza dei dieci anni di mandato a Palazzo Frizzoni. E sceglie di farlo dal Centro Congressi Giovanni XXIII di Bergamo, la stessa sala delle campagne amministrative 2014 e 2019. "Speriamo porti bene anche questa volta - sorride dal palco -. Avevo bisogno di giocare in casa per sentire l’energia della mia città". Il leitmotiv è sempre lo stesso: "Portare più Bergamo in Europa e più Europa a Bergamo". Non a caso il claim sui manifesti è "Un sindaco per l’Europa". "Il mondo è cambiato - sottolinea Gori -e anche l’Europa deve cambiare, nella sua organizzazione, nei suoi meccanismi decisionali, nei suoi sistemi di finanziamento".
La scommessa è "più integrazione, una cooperazione rafforzata" e soprattutto la capacità di parlare a una sola voce su "economia, politica estera, difesa comune", accompagnando la trplice transizione che si para davanti: "Digitale, ecologica e demografica: su quest’ultimo punto l’immigrazione può giocare una parte fondamentale". Perchè l’azione congiunta e virtuosa che si è vista con la pandemia "sui vaccini, ma anche per la ripresa del lavoro con Sure e Next generation Eu non siano un’eccezione". "L’8 e 9 giugno - l’appello al voto di Gori -prevalgano le forze politiche europeiste del gruppo socialisti e democratici europei, di cui il Pd italiano è la forza più importante". I videomessaggi del commissari Paolo Gentiloni e Nicolas Schmit e dell’alto rappresentante dell’Unione Josep Borrel sono la testimonianza di quanto Gori sia tenuto in grande considerazione. "Ti aspettiamo in Europa", è la mano tesa all’ormai ex primo cittadino di Bergamo. "Hai fatto diventare Bergamo una città europea: aperta, dinamica, che funziona. Saprai fare altrettanto bene in Europa", l’endorsement del segretario provinciale del Pd, Gabriele Giudici. "L’Europa è al bivio - la chiosa finale di Gori -, tra l’integrarsi maggiormente o il disintegrarsi. Io sto dalla prima parte, quella che crede che ci sia bisogno di più Europa, non di meno Europa come invece vorrebbero le destre".
Michele Andreucci