Sempre dalla parte degli ultimi per portare la parola di Dio e anche un po’ di aiuto concreto, animato dall’idea che le parole servono solo se accompagnate dall’esempio. Sarebbe piaciuto a don Andrea Gallo, anche se non fuma il sigaro, don Giusto Della Valle, un altro prete che sta meglio in jeans che con la tonaca e non ha paura di dire sempre quello che pensa, anche se le sue verità spesso sono scomode.
L’ultima uscita in una città dove nei giorni scorsi un clochard è morto in pieno centro a due passi dal duomo, soffocato e poi bruciato in un locale adibito a magazzino in cui aveva trovato rifugio nella notte, è stato dire che chi non ha una casa ha il diritto di prenderla, magari a costo di occuparla.
“Se qualche famiglia avente diritto alla casa si trovasse messa in strada - ha scritto nel suo editoriale sul foglio parrocchiale “Il focolare“ - propongo di passare in casa parrocchiale a Rebbio perché le si dia la lista degli appartamenti comunali vuoti dei nostri quartieri, affinché ciò che ingiustamente non viene dato venga occupato. Darò loro una mano ad entrare, presenterò i vicini di casa, li inviterò a rispettare le regole del condominio e se dovessero esserci sospensioni di energia elettrica chiamerò in aiuto l’elemosiniere di Papa Francesco".
Il riferimento al cardinale Kerensky non è casuale, i due si conosco davvero: si sono incontrati anche tre anni fa, in occasione dei funerali di don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso in città da un clochard al quale tante volte aveva prestato aiuto. Anche lui pensa che Como, nonostante gli alberghi da tremila euro a notte e i suoi turisti di lusso, in realtà sia una città di frontiera dove in tanti, troppi, vivono in condizioni disperate.
"Chi dorme a cinque stelle, chi sotto le stelle", chiosa don Giusto che non risparmia le sue stoccate anche al sindaco Alessandro Rapinese reo di aver dato in gestione le case popolari all’Aler anziché sistemarle. "Utilizzare questi spazi non porta voti, non porta consenso elettorale, anzi lo toglie. Alla maggior parte della gente di Como fa comodo che queste case siano chiuse, amano la tranquillità, naturalmente la propria".
Per questo in passato lo hanno accusato di far politica, come se fosse una colpa per un prete. I militanti di Forza Nuova glielo scrissero su uno striscione, appeso nottetempo sulla recinzione dell’oratorio, bollandolo come "Don (In)Giusto" perché di fronte alla decisione di chiudere il Centro per i richiedenti asilo lanciò un appello alle parrocchie e alle associazioni di farsi carico dei migranti. "Mi sarebbe piaciuto foste venuti a parlare a casa mia con tutta calma in pieno giorno – rispose loro –. Mi sento onorato se voi avete identificato in me una persona della Chiesa di Como che fa politica, vi ringrazio".
L’esperienza se l’è fatta in missione in Camerun, dov’è stato per diversi anni prima di giungere a Como, un’altra città di frontiera dove il suo oratorio e la canonica sono aperti, 365 giorni l’anno, a chi dopo aver attraversato l’Africa pensa che passare attraverso la Svizzera per raggiungere il Nord Europa sia poco più di una passeggiata.
Non chiude mai la porta in faccia a nessuno don Giusto, anche alle famiglie ucraine che si sono rifugiate in città dopo lo scoppio della guerra, ma questo non gli ha impedito di invocare lo sciopero fiscale di fronte all’invio di armi da parte del Governo. Piace e divide don Giusto, valtellinese di Le Prese che nel giardino della canonica tiene le galline e anche una capretta, che gli hanno regalato un paio di anni fa i parrocchiani nel giorno del suo sessantesimo compleanno.