Como, 23 agosto 2020 - Continuano a far discutere le telecamere di sicurezza ordinate da Palazzo Cernezzi per proteggere le vie del centro e il lungolago. Dopo le polemiche legate al sistema di riconoscimento facciale che aveva destato l’interesse addirittura del Garante della Privacy il quale, con una lettera inviata nel febbraio scorso al Comune, aveva ricordato che simili sistemi di sorveglianza attiva non sono consentiti nel nostro Paese, si è scoperto che l’occhio l’elettronico è addirittura orbo per colpa di un malfunzionamento del software.
Anomalie rilevate nel corso del collaudo tecnico che hanno spinto gli uffici di Palazzo Cernezzi a scrivere ad A2a Smart City, che si era aggiudicata l’appalto per 250mila euro, chiedendo di intervenire al più presto. Anche se il riconoscimento facciale non è consentito dalla legge a Palazzo Cernezzi, dopo aver acquistato la tecnologia, hanno voluto ugualmente testare il software scoprendo che le telecamere non sono in grado di riconoscere nessuno. «Si è provveduto a verificare la ricerca di volti rilevati dalle telecamere e incrociarli con volti noti – si legge in una lettera spedita dai tecnici del Comune ad A2a – E’ apparso subito evidente che le telecamere trasferivano solo un fotogramma quando individuavano un volto umano, ma senza alcun dato biometrico».
Più che le telecamere a non funzionare è il software elaborato da A2a che adesso avrà 75 giorni di tempo risolvere il problema se vorrà essere pagata. In particolare il problema riguarda le tre telecamere posizionate di fronte al Tempio Voltiano, quella che controlla il Monumento ai caduti, i dispositivi alla diga foranea, in via Rusconi e via Luini, in via Emanuele, in piazza Mazzini, in via Perti, al museo Garibaldi e alla casa della missione. Le prime telecamere a riconoscimento facciale furono posizionate nell’agosto del 2019 nel Parco Tokamachi, sulla scia dell’arrivo dei migranti che avevano occupato il parco tre anni prima, e la sperimentazione proseguì nei successivi sei mesi. L’obiettivo era mettere le telecamere a disposizione anche di Polizia e Carabinieri per le loro attività d’indagine. Un’idea condivisa con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Adesso si è scoperto che questo tipo di tecnologia non funziona poi neanche tanto bene.