Allarme rientrato. I Comuni dei frontalieri potranno continuare a contare, anche per il 2025, sui ristorni garantiti dal Governo che ha deciso di non modificare i criteri di attribuzione com’era stato annunciato nei giorni scorsi. Una querelle tutta interna al centrodestra che ha allarmato e non poco i sindaci dei paesi situati nella fascia compresa entro i 20 chilometri dal confine, naturali destinatari di una parte dei redditi prodotti dai loro concittadini che lavorano in Svizzera. I contributi per molti di loro rischiavano di sfumare con l’innalzamento al 4% della quota minima di frontalieri sul totale dei residenti, com’era stato proposto in Commissione Bilancio alla Camera. Alla fine però grazie a un subemendamento presentato dai deputati di Lega e Fratelli d’Italia tutto si è fermato. In pratica i comuni con popolazione fino a quindicimila abitanti, con una percentuale di frontalieri superiore al 3 per cento rispetto al numero complessivo di residenti, potranno continuare a beneficiare dei ristorni. Secondo i proponenti grazie all’emendamento una ventina di piccoli comuni in più delle province di Varese e Como potranno beneficiare di una media di 300.000 euro ciascuno anche per il 2025.
"Il sistema dei ristorni – sottolinea Mauro Guerra, presidente di Anci Lombardia – con la possibilità di utilizzare fino al 50% degli stessi per le spese correnti, è una boccata di ossigeno per un territorio unico e particolare che poggia la sua economia sulle relazioni transfrontaliere". Un tesoretto che vale non meno di 100 milioni di euro quello che ogni anno la Svizzera invia all’Italia, che salgono a oltre 2 miliardi di euro considerando i fondi erogati negli ultimi 50 anni, dal 1973 data dalla firma dell’accordo fiscale tra i due Stati. Regole destinate a cambiare in virtù del nuovo accordo sul lavoro frontaliero, entrato in vigore il 17 luglio 2023 ma si applica fiscalmente solo dal 1° gennaio 2024, che separa i vecchi frontalieri (tassati solo in Svizzera fino al raggiungimento della pensione) dai nuovi che saranno sottoposti a tassazione anche in Italia.
I soldi versati dalla Confederazione verranno sostituiti da un "Fondo di sviluppo e potenziamento delle infrastrutture delle zone di confine italo-elvetiche" a carico di Roma. Nel 2045 la dotazione teorica di questo fondo sarà di 221 milioni di euro all’anno, destinati a essere investiti nei territori di frontiera.