PAOLA PIOPPI
Cronaca

Il sequestro Mazzotti: “Cristina deperiva. La volevano spostare ma ormai era morta”

Il racconto shock dell’ex dirigente della Sezione crimine organizzato. La tragica vicenda della giovane è rimasta nella storia: 18 anni, la prima donna rapita, la prima uccisa nonostante il pagamento di oltre un miliardo di lire

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Cristina Mazzotti

Eupilio (Como) – “Marsigliese” era la parola chiave che introduceva ogni conversazione tra i rapitori e i familiari di Cristina Mazzotti. Serviva a dare la certezza che al telefono ci fossero i veri titolari della trattativa e non emulatori o soggetti terzi che cercassero di infiltrarsi, come accaduto più volte durante le decine di sequestri di persona avvenuti in Lombardia tra 1974 e ’75. Esplosi in quegli anni, quando la ricchezza delle famiglie che risiedevano al Nord era finita sotto agli occhi dei criminali mandati al confino. Un fenomeno esploso improvvisamente, almeno cento i casi denunciati.

Ma quello di Cristina Mazzotti era destinato a rimanere nella storia: 18 anni, la prima donna rapita, la prima uccisa nonostante il pagamento di oltre un miliardo di lire. La ricostruzione dettagliata di tutto ciò che si conosce di quella tragica vicenda ieri è stata resa dal commissario di polizia Liliana Ciman, ex dirigente della Sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Milano, ora in quiescenza, che nel 2021 si è occupata della riapertura delle indagini sfociate ora nel processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Como a carico dei quattro uomini ritenuti gli esecutori materiali del sequestro, avvenuto a Eupilio la sera del 30 giugno 1975. Doveva essere un’operazione veloce, pochi giorni. Ma fin dall’inizio molte cose si erano rivelate difficili da gestire da parte della banda dei Lombardi.

Cristina viene seppellita e reclusa per un mese in una buca da un metro e mezzo di altezza e altrettanti di larghezza, lunga tre metri, realizzata in primavera sotto un garage di Cascina Padreterno, a Castelletto Ticino. Man mano che passano i giorni “deperisce, non cammina più, ha il ciclo e la sua gestione diventa sempre complicata – ha spiegato la dirigente – A un certo punto in cascina devono essere fatti dei lavori e la ragazza va spostata”. Viene portata per un giorno in casa di una donna della banda, anche se non riesce a camminare: sta malissimo, ma il riscatto dev’essere perfezionato e devono dare l’ultima prova in vita. Decidono di spostarla: “Quando la mettono in macchina, si accorgono che è morta. Così la portano in discarica”. Una ricostruzione emersa dallo studio di migliaia di atti incrociati con altri trovati in questi ultimi anni.