Como, 24 marzo 2025 – Strage di Erba: si torna in aula. Domani, martedì 25 marzo, si terrà un’udienza pubblica davanti alla Corte di Cassazione durante la quale verrà discussa la richiesta del pool degli avvocati che difendono Olindo Romano e Rosa Bazzi, sulla possibilità di annullare la sentenza della Corte d’Appello di Brescia del 10 luglio 2024.

Quel giorno i magistrati della città della Leonessa respinsero l'istanza di revisione del processo, presentata dai legali della coppia condannata in via definitiva all’ergastolo per il quadruplice omicidio avvenuto l’11 dicembre 2006. Fra gli avvocati di Rosa e Olindo c’è un certo ottimismo sulla riuscita dell’udienza romana.
Le speranze
"Riteniamo di avere buone ragioni per confidare in un esito favorevole" ha detto all’Agi l'avvocato reggino Fabio Schembri in vista del nuovo capitolo giudiziario sulla strage di Erba. I legali sperano che la Cassazione ripassi di nuovo la palla a Brescia per svolgere quel processo di revisione che è stato loro negato ritenendo "manifestamente inassimilabile" l'istanza.
La richiesta è molto tecnica, come da prammatica in un'istanza presentata alla Suprema Corte, nella quale vengono comunque richiamati tutti i temi dibattuti nel merito nei precedenti gradi.

Le valutazioni
Schembri elenca quelli che ritiene i “difetti” della sentenza bresciana: "plurimi vizi di legge e di errata interpretazione e applicazione delle norme processuali; sovrapposizione delle regole di giudizio; violazione del principio costituzionale dell'assunzione della prova in contraddittorio; violazione di legge in ordine al concetto di novità della prova; manifesta illogicità della motivazione e travisamento degli elementi di prova allegati". La sostanza è che, per la difesa, la sentenza bresciana presenta "vizi" di “macroscopica evidenza".
"Il vizio di motivazione si caratterizza in alcuni passaggi per una totale mancanza, in altri per l'illogicità manifesta e in altri ancora per la contraddittorietà con quanto era richiesto nella istanza di revisione – continua l’avvocato calabrese – In altri passaggi, poi, il vizio di legge si apprezza anche come conseguenza della erronea interpretazione di concetti giuridici che, richiamati in modo inappropriato, costituiscono il perno su cui si innerva la conseguente motivazione".
La Corte d'Appello, nella prospettiva dei legali, "ha omesso tout court" di valutare i documenti da loro presentati "limitandosi a disattendere la richiesta di esame dei reperti sopravvissuti alla distruzione con l'affermazione che si tratterebbe di una richiesta meramente esplorativa e pedissequamente ripetitiva del contenuto della richiesta di incidente probatorio".
I nodi (sempre i soliti)
Dietro queste considerazioni in diritto c'è l'ennesimo tentativo da parte dei difensori della “coppia diabolica” di mettere in crisi i pilastri sui quali si sono fondate tutte le sentenze fin qui di condanna: la testimonianza del superstite Mario Frigerio, la traccia di sangue sul battitacco dell'auto di Olindo di una delle vittime e le confessioni dei due imputati.

Nel ricorso vengono ribadite le "plurime acquisizioni scientifiche nuove" e i "dirompenti dati clinici nuovi", da leggere a loro volta "alla luce di nuove scoperte scientifiche" che, metterebbero in dubbio la credibilità dell'unico testimone oculare.
Si evidenziano i presunti "fatti nuovi", si enfatizza lo "strabismo motivazionale" nel descrivere le fasi della morte di Valeria Cherubini e si mette in dubbio la genuinità delle confessioni, arrivando a definirle "false".
Le ragioni della bocciatura
Per i giudici bresciani invece le dichiarazioni di Frigerio "non furono annebbiate da un'amnesia anterograda", cioè la difficoltà a ricordare eventi successivi a un evento traumatico. I magistrati lombardi avevano anche escluso un "complotto" che avrebbe portato "alla fabbricazione di falsità di prove, o meglio della loro formazione" ai danni di Olindo e Rosa e che le loro confessioni fossero state in qualche modo non genuine.
Marito e moglie sono stati condannati per l’omicidio plurimo avvenuto l’11 dicembre 2006. Le vittime quella sera furono Raffaella Castagna, il piccolo Youssef Marzouk, la nonna Paola Galli e Valeria Cherubini, una vicina di casa.