Erba (Como), 3 gennaio 2023 - "Sono passati sedici anni dalla strage di Erba, ci sto riflettendo parecchio in questi giorni. Forse è arrivato il momento di fare un po' di chiarezza". A parlare all'Adnkronos è Olindo Romano, condannato all'ergastolo in concorso con la moglie Rosa Bazzi con l'accusa di aver ucciso Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Recluso nel carcere di Opera, a Milano, racconta: "In cella la vita è sempre quella, nulla di nuovo. Per passare un po' il tempo continuo a lavorare in cucina, per il resto sto senza far niente tutto il giorno, spesso in compagnia di qualche altro detenuto costretto come me in questo carcere".
Nuove prove e testimone chiave
Sostenuto dal suo avvocato Fabio Schembri, che (insieme ai colleghi Nico D'Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, ndr) sta lavorando a una richiesta di revisione del processo alla luce di "nuove prove e un testimone chiave", Olindo Romano conferma: "E' sempre stato convinto della mia innocenza e di quella di Rosa e non è più l'unico, grazie a Dio, a credere che io e mia moglie non abbiamo commesso la strage di Erba. Non so perché non sia stata approfondita la pista dello spaccio di droga, continuo a pensare che sia stato più semplice incastrare due persone come noi non sveglissime e inconsapevoli di quello che ci stava piombando addosso".
"Abbindolati e presi in giro"
Per l'ex netturbino 60enne di Albaredo per San Marco le accuse contro di lui e contro la moglie non hanno fondamento. "Mi capita di ripensare a quei giorni e a come ci hanno abbindolato e preso in giro - spiega all'Adnkronos - tanto che solo quando ci hanno portato al Bassone (la casa circondariale di Como, ndr), ci siamo accorti che i sospettati eravamo noi. Da allora tutto è assurdo e continua a essere irreale. Io le liti dalla casa di Raffaella e Azouz le ricordo bene, litigavano spesso, ma non per questo abbiamo pensato di fare una strage. E, in effetti, non c'entriamo nulla. Chi è stato? Non lo so, diversamente lo avrei già detto ai miei avvocati, ma di certo una strage simile può farla solo chi è abituato a fare quelle cose, non penso sia facile improvvisare un fatto del genere così efferato".
Olindo Romano oggi
Dimagrito, il portamento placido e diverso dalle foto dell'epoca che lo immortalavano spesso sornione, quasi distante, oggi Olindo Romano ha i capelli bianchi e i ricordi intatti. "Frigerio (Mario, marito di Valeria Cherubini e unico superstite, ndr) è stato utilizzato come noi. Ripenso a quell'uomo, quando lo incontravo: era una brava persona, per questo credo che abbiano manipolato i suoi ricordi per farlo testimoniare contro di noi. Io lo considero una vittima come noi". E oggi, sedici anni dopo le fiamme in quell'appartamento di via Diaz, dopo i corpi esanimi in un lago di sangue, le tracce rilevate e contestate, le prove, le testimonianze, le confessioni fatte e ritrattate, Olindo passa le sue giornate in una cella lontano dall'inseparabile moglie.
Il colloquio con Rosa
"E' dura, ma in qualche modo la vita in carcere va avanti, vedo Rosa appena è possibile. Due giorni prima di Natale sono andato a colloquio da lei a Bollate e sono contento - racconta sempre all'Adnkronos - Mi tiene a galla il pensiero che prima o poi, spero prima che poi, si possa accertare che non abbiamo commesso noi la strage di Erba".