Como, 14 ottobre 2017 - «Le ho detto di non gridare, dovevo pulire due goccine che venivano giù dalla bocca… poi ho lasciato lì, ma lei con le mani fa così, forse gli è andato un po’ giù…». Antonietta Pellegrini lo racconta così quel momento in cui nel tardo pomeriggio del 24 settembre si è avvicinata al letto di Dolores De Bernardi, la donna di 91 anni ricoverata alla casa di riposo Don Guanella, morta soffocata da un paio di guanti in lattice infilati nel cavo orale.
Intercettata nella sua stanza, nella foresteria dello stesso Don Guanella, la settantanovenne che da giovedì è agli arresti domiciliari con le accuse di omicidio volontario e calunnia, racconta più volte quell’episodio. Lo fa mentre prega, di continuo, chiedendo perdono, ma lo ripete anche a una parente che era andata a trovarla. Le dice di essersi avvicinata al letto di Dolores perché sentiva che si lamentava, di averle pulito quelle «due goccine», utilizzando i guanti, ma poi di averli lasciati lì, senza spingerli, sostenendo che sia stata la stessa vittima a fare quel gesto che le avrebbe provocato la morte. Dolores De Bernardi era allettata da tempo, inferma al punto di dover essere imboccata, totalmente priva di qualunque autosufficienza. Parla da sola nella sua stanza Antonietta Pellegrini, invocando i santi in cui crede, e si confida con loro: «Quando uno non sta bene ha bisogno di serenità in paradiso… Cos’è che ho fatto? Non l’ho fatto per male, ma per non sentirla più… non perché stava dando fastidio, ma nessuno sa la sua malattia e nessuno la curava». Poi chiede la grazia anche dopo essere stata scoperta a prelevare i guanti di lattice da un carrello, gli stessi trovati nel letto della compagna di stanza della vittima: una condotta che per gli inquirenti della Squadra Mobile della Questura di Como, e per lo stesso gip Carlo Cecchetti, sarebbe indicativa dell’intenzione di calunniare la novantaquattrenne che occupava il letto accanto a Dolores. «Signore – dice dopo essere stata vista da un’infermiera – tu che hai redento il mondo, fammi questa grazia che tutto si accomodi». E ancora, per motivare le esigenze cautelari e il pericolo di reiterazione, il gip cita un passaggio in cui la donna si rivolge al marito, degente ricoverato nella stessa corsia in cui è avvenuto l’omicidio: «Ti spacco la faccia... ti spacco la faccia, guarda che te la spacco… perché non crepi stanotte, perché non crepi che almeno ci liberi tutti?».