Como – Arriva la bella stagione, si affollano i tavolini all’aperto dei locali pubblici sul lungolago, e puntualmente scoppia la polemica sui prezzi esorbitanti applicati dai commercianti. L’ultimo caso, diventato virale in queste ultime ore, riguarda uno scontrino da 20 euro che ha accompagnato un caffè doppio e una bottiglia di acqua naturale da 750 cl, serviti in un locale del centro città: 10 euro per ogni consumazione.
La cliente, una turista lecchese preparata a pagare qualche euro in più rispetto a un normale servizio al banco, ma non certamente a questo livello, non si è fatta scrupolo di far circolare sui social la foto dello scontrino, con un commento lapidario: “Venti euro per un caffè, ma siamo a Como o a Capri?”. Non è il primo caso, e non sarà l’ultimo.
Perché da sempre Como non si distingue certo per essere una città economica, diventando ancora più proibitiva quando sa di poter contare su una clientela turistica, che non si deve affezionare e ritornare, ma solo pagare quell’unico scontrino in cui si imbatte quando si ferma al un tavolino di un bar per bere un caffè o una bibita.
Gli stessi esercenti, se interpellati, per nulla impressionati da queste polemiche, hanno più volte ribadito lo stesso concetto: “I prezzi qui sono questi, chi non se li può permettere vada da un’altra parte…”. Quello documentato a Como non è uno dei caffè più cari della penisola, considerando che c'è chi ha dovuto pagare 24 euro per berlo al banco in un bar di Venezia.
Le località turistiche, come anche la stessa Capri, spesso tengono i prezzi per i loro prodotti particolarmente alti. Alle proteste, spesso i bar e i ristoranti rispondono che loro espongono nella maggior parte dei casi in modo corretto i prezzi all'esterno, così chi entra sa bene cosa l'aspetta.