C’è voluto un vertice al Mef alla presenza del ministro Giancarlo Giorgetti per risolvere il nodo dei frontalieri della provincia di Sondrio, in particolare quelli della Valchiavenna, che nonostante anni o addirittura decenni di lavoro oltreconfine, rischiavano di essere inquadrati come “nuovi“ in caso di trasferimento in Canton Ticino. Gli svizzeri interpretando la legge hanno negato loro i ristorni, applicando la nuova normativa entrata in vigore il 17 luglio 2023. Gli accordi distinguono tra “vecchio frontaliere”, colui che lavorava oltre confine già nel periodo tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023, e il “nuovo frontaliere”, ovvero colui che ha a iniziato l’attività dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo. La differenza è fondamentale perché i nuovi frontalieri sono soggetti in Svizzera a un’imposta alla fonte con aliquote pari all’80% e devono poi pagare l’Irpef in Italia secondo le aliquote ordinarie (con detrazione per quanto già pagato oltreconfine), mentre i vecchi frontalieri continuano a pagare unicamente in Svizzera l’imposta alla fonte. Peccato che i “vecchi frontalieri“ della Valchiavenna, ma anche qualche frontaliere della provincia di Monza, cambiando Cantone di lavoro si era visto qualificare come “nuovo“.
Il Mef ha stabilito che gli accordi valgono anche per loro. Erano presenti all’incontro anche i sindacalisti Giuseppe Augurusa (Cgil Frontalieri), Rossella Marinoni (Cgil Nazionale), Marco Contessa (Cisl Frontalieri), Ignazio Ganga (Cisl Nazionale), Pancrazio Raimondo (Uil Frontalieri), l’assessore regionale Massimo Sertori. "L’accordo prevede per i cosiddetti vecchi frontalieri dei comuni entro 20 chilometri dal confine - si legge nella nota diffusa - il mantenimento del carico fiscale precedentemente in vigore". Ro.Can.