
Eugenio Finardi fu uno dei protagonisti di quella stagione: per anni visse a Carimate
Carimate (Como) – Se fossimo negli Stati Uniti, agli Stone Castle Studios di Carimate avrebbero dedicato almeno un film, perché tra quelle mura sono nati alcuni tra i dischi più belli della musica italiana. Merito dell’intuizione di Antonio Casetta, fondatore della Bluebell e della Produttori Associati, che acquistò l’antico castello edificato nel ‘300 dai Visconti per farne una sala d’incisione all’avanguardia, la più moderna in Europa, ma soprattutto creare un luogo che consentisse agli artisti, ai musicisti e ai tecnici di vivere a stretto contatto in un ambiente isolato per dedicarsi alla realizzazione dei dischi in maniera totale, senza vincoli di orario. Così nel castello di Carimate nacquero gli Stones Castle Studios e per dieci anni, dal 1977 al 1987, cantanti, gruppi e cantautori vennero a incidere qui i loro dischi più belli.
Una compilation da brividi che annovera tra gli altri Fabrizio De André, gli Yes, Edoardo Bennato, Lucio Dalla, gli Stadio, Pino Daniele, Francesco Guccini, Luca Barbarossa, Antonello Venditti, Pooh, Mauro Pagani, Roberto Vecchioni, la PFM, Loredana Bertè, Mango, Mia Martini, Ivan Graziani, Patty Pravo, Eugenio Finardi, Riccardo Cocciante, Alberto Fortis.
Una storia incredibile che il prossimo 21 marzo Eugenio Finardi verrà a raccontare nel corso di una serata proprio a Carimate, a pochi passi da quel castello che oggi è abbandonato e in un prossimo futuro si trasformerà in un hotel di lusso.

Lei ha vissuto un periodo d’oro della musica italiana, in particolare a Carimate. Cosa ricorda di quegli anni?
“È stato un periodo straordinario. Antonio Casetta aveva comprato lo studio “Il Castello“ con l’idea di creare una comunità di artisti. Io avevo firmato un contratto con lui e mi ero trasferito a Carimate, stavo in un appartamento appena fuori dal castello insieme al mio fonico. Lì ci ho fatto due o tre dischi, ricordo la sala di registrazione rossa che era dei Pooh e quella verde di Cassetta. Il castello era diventato un po’ il cortile di casa mia, ci andavo anche quando non dovevo suonare, vivevo immerso nella natura. Nel parco, giravo con il cane e incontravo gli altri musicisti ad esempio Valerio Negrini, il paroliere dei Pooh, che abitava lì vicino. C’era un’atmosfera incredibile, un luogo denso di cantanti e artisti come gli Yes, Pino Daniele e Fabrizio De André. Era un momento di grande fermento e creatività. Si fuggiva dalle città che erano considerate pericolose, era la fine degli anni ‘70, c’era stato il rapimento Moro. Carimate ci appariva come un’oasi di tranquillità”.
L’ambiente in cui si lavora influenza la creatività?
“Assolutamente sì. L’ambientazione conta moltissimo. Oggi non esistono quasi più le sale d’incisione come quelle di una volta. In quel periodo, la discografia era al suo apice. Dischi come “L’era del cinghiale bianco“ vendevano quantità enormi. Poi, ci siamo resi conto che forse era meglio andare a giocare a golf...”.
Cosa pensa della musica di oggi rispetto a quella degli anni ‘70 e ‘80?
“Oggi il suono è più omologato. Ogni cantautore di allora aveva uno stile unico e riconoscibile. Fossati era diverso da Battiato, Camerini da Dalla. Adesso, molti sembrano cloni. C’è una questione di suoni, di produzione. Invece, ai nostri tempi, si suonava di più”.
Vale anche per i testi?
“Per me, la musica è sempre stata al primo posto. I testi sono importanti, ma devono nascere dalla musica. Oggi, c’è un’omologazione incredibile anche nei testi. Anche i rapper americani parlano spesso degli stessi argomenti. Nei miei testi ho sempre cercato di dare priorità alla musica”.
Cosa è successo all’industria discografica?
“L’industria discografica è crollata. Il contesto è cambiato radicalmente. Prima, si cercava l’arricchimento nel contatto tra artisti. Adesso, sembra che si cerchi di sfuggirsi. Tutto è diventato più omogeneo”.
Qualche ricordo particolare di Carimate?
“Mi ricordo l’atmosfera con Pino Daniele e Negrini, un grandissimo giocoliere di parole. Era un dono immenso poter lavorare con loro”.
Come vede il futuro della musica?
“Credo che i figli dei trapper scandalizzeranno i loro genitori, proprio come noi abbiamo fatto con i nostri. La musica è geometria udibile, le parole contengono ambiguità”.
Tornerà un’esperienza come quella degli Stones Castle Studios?
“Oggi i dischi si fanno in casa. Penso a quegli anni con la nostalgia di qualcosa che non potrà tornare”.