
In emergenza Covid scatta il piano della Regione per gli ospedali lombardi
Milano, 21 ottobre 2020 - «Stavolta dobbiamo essere capaci di continuare a curare anche chi non ha il Covid", chiarisce Marco Trivelli, direttore generale del Welfare in Regione. Dunque evitare la scelta alla quale la sanità lombarda, travolta dal coronavirus che circolava da almeno un mese quando fu scoperto, fu costretta a marzo, bloccando visite, esami, interventi men che urgenti, indifferibili e salvavita per due mesi. Giovedì scorso Trivelli ha scritto agli ospedali pubblici e privati, chiedendo ai 18 Covid-hub di "rendere rapidamente disponibili" tutti i posti letto previsti al livello d’allerta 1 del piano pandemico. Il piano funziona a vasi comunicanti: i letti di terapia intensiva, semi-intensiva e degenza sono spartiti tra Covid e non Covid in quote variabili in base alla pressione del virus.
Perciò il dg invita "a reintrodurre riduzioni" dei ricoveri programmati "definendo per ogni presidio" quali mantenere o sospendere "temporaneamente". Vale anche per gli ospedali non hub "dotati di Pneumologia", che devono accogliere pazienti Corona "previo immediato ripristino degli adeguati percorsi e procedure di isolamento". Intanto la Regione prepara una delibera per recuperare letti per ricoveri di sorveglianza e subacuti, anche extra-ospedalieri: "L’Ats di Milano - spiega Trivelli al Giorno - ne sta aprendo mille".
Spostare i pazienti Covid meno gravi fuori dagli hub - che sono grandi ospedali con molte specialità e devono continuare a curare i malati più gravi, di Covid e di altre patologie - è un cambio di strategia rispetto al piano pensato a giugno, sia a livello regionale che nazionale, basandosi su quanto accaduto a marzo, cioè sul riempimento delle terapie intensive. Mentre la seconda ondata in Lombardia si sta manifestando con un contagio "molto più distribuito" e la pressione ora è soprattutto sui reparti Covid non intensivi, che ieri sono arrivati a 1.268 ricoverati. "In Lombardia abbiamo 35mila posti letto - chiarisce Trivelli -, adesso certo non ci mancano, anche se sono assolutamente necessarie misure per rallentare la diffusione del virus; che diventa vera malattia in una piccola percentuale di persone, ma anche il 2% di un milione di contagiati effettivi significherebbe ventimila malati". Cioè più dei quasi 14mila che la Lombardia ricoverava durante il picco di aprile tra reparti e terapie intensive.
«Oggi conosciamo meglio il Covid – sottolinea Trivelli –, abbiamo terapie, le degenze durano in media 5 o 6 giorni, contro i 15-25 della primavera, e sono sicuro che anche i medici di famiglia risponderanno in maniera diversa, perché hanno creato relazioni con gli specialisti e daremo loro i dispositivi di protezione. La cosa più difficile, e importante, sarà articolare una risposta sanitaria flessibile, per continuare a curare in sicurezza i non-Covid", sottolinea il dg che ha ridotto da 150 a tre gli obiettivi per i manager degli ospedali pubblici nel 2020: il 75% del punteggio è legato alla gestione dell’emergenza Covid, il 25% al recupero, nella seconda metà dell’anno, del 95% della produzione del secondo semestre 2019 per le prestazioni di specialistica ambulatoriale che sono rimaste indietro in primavera.
«Gli obiettivi servono a indicare la strada a centinaia di migliaia di persone che lavorano nella nostra sanità – sottolinea Trivelli –. E la strada è: gestire il Covid, e non smettere di diagnosticare altre malattie che rischiano di aggravarsi se non si inizia una terapia".