Casalmaggiore (Cremona) - “Lo ero all’epoca e ne sono tuttora convinto: quello di Arianna Zardi è stato un omicidio. E sono anche convinto che, oltre all’assassino, ci siano altri che sanno".
Roberto di Martino è stato un magistrato impegnato su vari fronti, dalla ‘ndrangheta al terrorismo islamico, alle indagini sulla strage di piazza della Loggia a Brescia. Procuratore a Cremona per otto anni prima del pensionamento, ha condotto la maxi inchiesta sul calcioscommesse. Dal 2010 si occupò a tutto campo della morte di Arianna Zardi: era il 2 ottobre del 2001 quando la venticinquenne di Casalbellotto, frazione di Casalmaggiore, venne trovata senza vita sotto il ponticello di un canaletto di irrigazione, tra Motta Baluffi e Torricella del Pizzo. Nei giorni scorsi il gip di Cremona, Pierpaolo Beluzzi, ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dalla procura di Cremona.
Procuratore di Martino, torniamo a quel 2010. Come avviò le indagini?
"Per prima cosa andai sul posto, immerso nel verde ma comunque triste per accogliere gli ultimi aneliti di una giovane vita che si spegne. Senza procedere a misurazioni, mi colpì subito il particolare che il ponte fosse troppo basso per essere scelto per un suicidio, a meno che il corpo non fosse precipitato a testa in giù. Dall’esame dei testi emerse che la ragazza aveva sì vissuto situazioni di amarezza ma non fu mai minimamente provata una sua volontà di togliersi la vita".
Cosa sarebbe accaduto?
"Sui jeans c’erano delle impronte che facevano pensare all’investimento con un motorino oppure a un calcio sferrato con uno stivaletto o un anfibio, qualcosa che poteva essere avvenuto nel corso di una colluttazione o spingendo il corpo con la scarpa verso l’interno della chiavica. Infatti venne trovato in fondo a quella specie di antro, come se fosse stato spinto per renderlo meno visibile. Sulle pareti c’erano macchie di sangue. Con l’azione dell’acqua erano sparite, però rimanevano le fotografie dell’epoca. Le macchie erano troppo in alto per pensare che fossero state provocate dalla caduta o dalla ragazza, che si sarebbe spostata dopo l’impatto, in un estremo tentativo di alzarsi. Il dubbio atroce era che fossero state invece provocate da qualcuno che le avesse sbattuto la testa contro le pareti. Quindi la Zardi sarebbe stata finita dentro il canaletto".
E oltre a questo?
"Gli accertamenti scientifici non ci aiutarono. Non emerse nulla dalla comparazione della traccia genetica trovata sulla Zardi con i profili delle persone del suo entourage. E poi era ormai passato troppo tempo".
Quindi fu un delitto?
"La mia convinzione è che se omicidio è stato, come è stato, non può essersi esaurito fra assassino e vittima e che in quella piccola comunità delle persone ne erano al corrente. È probabile che qualcuno sappia come sono andate le cose. Per questo è giusto e ragionevole proseguire con le indagini".
Cosa mancò all’inizio delle indagini?
"Venne accreditata la tesi del suicidio. Una tesi che non ho mai condiviso e che tuttora non mi sento di condividere. L’avrei esclusa anche se mi fossi occupato del caso già nell’immediatezza".
Cosa le ha lasciato?
"Una vicenda tristissima. Mi sono impegnato al massimo. Ripeto: c’è chi sa. Adesso l’unica possibilità è che qualcuno parli. Con la scienza non abbiamo risolto. Si deve lavorare sulle persone".