CASALMAGGIORE (Cremona), 20 ottobre 2023 – Investita da una moto. Il piccolo canale dove cerca rifugio si trasforma in una trappola che la imprigiona e segna la sua condanna. Raggiunta dall’assassino, afferrata, sbattuta con violenza contro il muro. Il disperato tentativo di fuga, la momentanea illusione di esserci riuscita, prima di venire ripresa, trascinata di nuovo nel canale, ancora colpita e scagliata contro il muro. Rimane, esanime, a sei metri dall’uscita della chiusa, un punto impensabile se fosse stata ancora in grado di cercare soccorso. È il 13 dicembre del 2010 e il giudice dell’udienza preliminare di Cremona, Guido Salvini, firma le sei pagine dell’ordinanza con cui respinge la richiesta della Procura di archiviare il caso della fine di Arianna Zardi e ricostruisce l’accaduto.
Venticinque anni, studentessa di Teologia, Arianna lascia la sua abitazione di Castelbellotto, frazione di Casalmaggiore, nel Cremonese, nel primo pomeriggio di domenica 30 settembre del 2001. Ritrovano il suo cadavere due giorni dopo, all’interno di un canaletto di irrigazione tra Motta Baluffi e Torricella del Pizzo. È stato un omicidio, non un suicidio o una caduta accidentale. Un delitto con un movente oscuro, consumato con modalità terribili, con tenacia, con crudeltà. Salvini ne allinea le terribili sequenze in base alla relazione della polizia Stato in forza alla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura di Cremona. La posizione delle tracce di sangue. La posizione delle lesioni sul corpo della vittima. Arianna non precipita dal muretto sopra il piccolo canale. È possibile che sia invece seduta sopra quando la investe un motociclo. L’impatto lascia un segno a V sui jeans della ragazza e provoca una lesione al ginocchio destro e un’altra al torace (da collegare forse al manubrio).
Arianna si rifugia nel letto del canale, dove il mezzo non può raggiungerla. Le paratie sono abbassate. Arianna rimane intrappolata. Non ha scampo. Viene raggiunta dall’assassino (o dagli assassini), afferrata a un braccio (ecco la frattura per rotazione del polso sinistro) e gettata violentemente contro il muro del canale, dove rimangono tracce di sangue. Tracce in alto, quindi lasciate da una persona in posizione eretta. Arianna cerca, disperatamente, di sopravvivere. Riesce a fuggire fuori dalla chiusa, nel punto dove rimane l’unica, fra tutte le sette macchie ematiche repertate, che si trovi all’esterno. Chi l’ha aggredita non le dà tregua. La insegue, la riprende, la colpisce ancora e la scaraventa di nuovo contro il muro. È l’epilogo di un film dell’orrore.
“Alla fine – conclude Salvini – sarebbe stata lasciata esanime all’interno della chiusa, a circa 6 metri dall’uscita (dove è stata trovata l’ultima traccia ematica), un punto in cui istintivamente una persona ferita e in cerca di aiuto, da sola, non si sarebbe mai portata. In casi simili si cerca infatti, per istinto, di portarsi verso un luogo aperto e verso la luce". È stato allora l’assassino a trascinarla per poi abbandonarla morta o morente. Inquietante anche un’altra circostanza mai chiarita. La sera del 4 ottobre, due giorni dopo il ritrovamento del cadavere della Zardi, una voce maschile anonima telefona al centralino del quotidiano di Cremona e si attribuisce la responsabilità dell’omicidio. All’ordinanza di Salvini fanno seguito nuove indagini, senza esito. Quasi cinque anni dopo, nel maggio del 2015, lo stesso magistrato accoglie la richiesta di archiviare la posizione di due uomini, indagati per omicidio, e quella di una donna, iscritta nel registro degli indagati per false informazioni al pm. Sollecita però una nuova e più completa attività di indagine. Un mese fa il gip di Cremona, Pierpaolo Beluzzi, ha disposto una proroga di sei mesi per accertamenti focalizzati soprattutto sulle ultime ore di vita di Arianna Zardi e su alcune testimonianze da cui sarebbero emerse contraddizioni.