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Infezione contratta dopo la puntura di una zanzara
Castelverde (Cremona), 28 agosto 2022 - Il West Nile Virus colpisce ancora. Virginio Villa, agricoltore settantenne di Castelverde, nel Cremonese, è morto nei giorni scorsi a causa di un’infezione provocata dal West Nile. È la seconda vittima lombarda del virus portato dalle zanzare. Il primo caso, due settimane fa, era qello di un pensionato di 84 anni di Cigole, nella Bassa bresciana. Venerdì l’Ats di Cremona ha inviato una lettera in Comune a Castelverde, trasmettendo la drammatica notizia e invitando a continuare con il trattamento antizanzare e larvicida. "Papà si era sentito male subito dopo Ferragosto – ha spiegato il figlio della vittima –: all’improvviso ha perso conoscenza. Poi ha iniziato a manifestare uno stato confusionale e dopo essere stato trasportato all’ospedale è stato immediatamente ricoverato in terapia intensiva. È morto una settimana dopo". Virgilio Villa viveva in cascina, nella frazione di Marzalengo. "Era una persona conosciuta sul territorio, soffriva già di altri problemi fisici", spiega il sindaco di Castelverde, Graziella Locci. "C’è grande cordoglio da parte di tutti. La Ats ci avvisato della problematica dopo la sua morte". "C’era stato un altro caso in paese di West Nile, ma era una persona rientrata dall’Africa. Tutti gli anni facciamo prevenzione" continua il sindaco. A partire dal 2017 il servizio viene gestito insieme dai comuni di Castelverde e Pozzaglio ed Uniti e prevede interventi ripetuti fra maggio e settembre (negli ultimi anni prolungati fino anche a movembre) in 2.250 punti diversi. L’Ats Valpadana ha chiesto di proseguire: "Al momento non serve un intervento straordinario, si raccomanda di continuare il piano ordinario comunale", chiedono le autorità sanitarie. L’ambiente della Bassa, umido e caldo nei mesi estivi, è habitat abituale delle zanzare e rischia di diventarlo anche per il pericoloso patogeno.
Sono 17 i casi di West Nile Virus in Lombardia, rilevati dall‘ultimo bollettino dell‘Istituto superiore di sanità, diffuso il 24 agosto, il 35% in più rispetto al 10 agosto, ma stabili rispetto al bollettino del 17. Tra gli infetti, sono 8 (su 160 totali) i casi che si sono manifestati nella forma neuro-invasiva: 4 sono a Brescia, 1 a Cremona, 1 a Lodi e 2 a Mantova. Sei infezioni, invece, sono state identificate in donatori di sangue, spesso asintomatiche: 1 a Brescia, 1 a Cremona, 1 a Mantova, 1 a Milano, 1 a Pavia. Tre le persone con febbre, di cui 1 a Brescia e 2 a Lodi.
Il primo decesso in Lombardia (sui 15 in Italia) era stato quello di un pensionato di 84 anni di Cigole, nella pianura bresciana, infettato dal virus che viene trasmesso dalla zanzara Culex pipiens, la zanzara comune. La geografia delle infezioni e dei focolai (16 pool di zanzare tra Brescia, Lodi, Como, Mantova, Pavia) evidenziano una maggiore vulnerabilità della pianura padana rispetto alle aree di montagna. La ragione sta nella natura stessa del virus, che trova il suo incubatoio tra gli uccelli ed il suo vettore principale nelle zanzare, ma anche nei cambiamenti climatici.
«Il virus non è nuovo – spiega Francesco Castelli, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Brescia –, ma quest‘anno si vede in effetti un incremento di casi. La presenza di acqua dolce rappresenta l‘ambiente ideale per le zanzara: quest‘anno, la siccità ha fatto sì che si creassero pozze di acqua stagnante, che si sono riscaldate, facilitando la riproduzione delle zanzare. Questo spiega perché la diffusione delle infezioni sono concentrate in particolari zone. È fondamentale impegnarsi per invertire la rotta dei cambiamenti climatici». La buona notizia è che la maggior parte dei casi sono asintomatici, mentre i sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150); in 1 caso su mille il virus può causare un’encefalite letale. Altro problema è l‘impatto del virus sulle donazioni di sangue. Per evitare la trasmissione dell‘infezione, chi ha risieduto almeno una notte nelle zone endemiche, deve sospendere la donazione per 28 giorni o, in alternativa, eseguire uno specifico test. A Brescia, l‘Avis ha optato per fare il test su tutte le sacche donate. «Innanzitutto è una questione di sicurezza – spiega il presidente Gabriele Pagliarini –. In secondo luogo, evitiamo la sospensione per 28 giorni, visto che c‘è carenza di sangue».