PIER GIORGIO RUGGERI
Cronaca

L’osso di Homo sapiens nel fiume Po: “Ho trovato Acamar, colma un vuoto negli studi”

Apparteneva al cranio di un progenitore del Paleolitico, arrivato in Europa dall’Africa. La scoperta è di Davide Persico, paleontologo e sindaco di San Daniele: estrarremo il Dna

Cranio Homo sapiens trovato nel fiume Po

Cranio Homo sapiens trovato nel fiume Po

Spinadesco (Cremona) –  «Stavo passeggiando lungo il Po, in territorio di Isola Serafini, quando la mia attenzione è stata attirata da qualcosa di insolito. Non era un sasso, ma un frammento di osso. Così ho trovato Acamar, osso parietale appartenuto a un uomo del Paleolitico". Comincia così il racconto del professor Davide Persico, docente professore di Paleontologia dell’Università di Parma e sindaco di San Daniele Po, Comune cremonese. La scoperta risale allo scorso settembre, quando il Po era in piena crisi idrica, parecchi metri sotto il livello normale del grande fiume, ma è stata rivelata solo in questi giorni.

Professore, perché la scoperta è stata comunicata solo adesso?

"Questioni burocratiche, perché tutto quello che si trova appartiene allo Stato. Ho preso l’osso e l’abbiamo sigillato in un sacchetto di plastica e abbiamo dato il via all’iter burocratico per poter poi cominciare gli studi".

Ha capito subito di essere di fronte a un reperto molto antico?

"Sì. L’osso era semisepolto. Ha attirato subito la mia attenzione e quando l’ho preso ho avuto conferma che si trattava di un reperto antichissimo. In particolare guardando la sporgenza occipitale ho notato che è molto pronunciata, tipica dell’homo sapiens di quei tempi, e anche le suture sono più ampie di quanto non siano quelle di un cranio moderno".

Ritiene che il ritrovamento in quella zona sia casuale? L’osso potrebbe essere stato portato lì dal fiume, magari da molto lontano, oppure nei pressi di Isola Serafini avrebbe potuto esserci già nel Paleolitico un insediamento umano?

"Penso che questa zona allora potesse essere abitata dall’uomo. Lo dico perché i reperti che si trovano qui sono abbastanza netti, non sono corrosi e questo è il segno che sono rimasti sempre in loco. Per esempio, i reperti che si trovano un poco più avanti appaiono ben più consumati, segno dello sfregamento con il greto del fiume".

Adesso che cosa succede?

"Venerdì il reperto partirà dalla sede del museo di Parma, al quale l’osso è stato assegnato, per Ravenna. È stata costituita una commissione di 11 persone, commissione che ho contribuito a costituire avanzando alcuni dei nomi dei prescelti e di cui faccio parte anch’io, che comincerà una serie di ricerche. Per esempio dall’osso si estrarrà il paleo Dna per stabilirne la datazione precisa e capire a chi possa essere appartenuto con la maggior precisione possibile".

Perché lo ha chiamato Acamar?

"Acamar, il nome scelto per il cranio, deriva da quello dell’omonima stella. La costellazione Eridano, spiegano gli studiosi, ha la forma di un fiume la cui sorgente è indicata dalla stella Cursa. Si snoda verso Sud in anse sempre più strette seguendo varie concatenazioni di stelle deboli. Compie l’ultima ansa in corrispondenza della stella Acamar e termina infine con la brillante Achernar, la foce".

È la prima testimonianza del genere che ha trovato?

"Nella Bassa padana è la prima volta che troviamo la testimonianza di un Homo sapiens arcaico, cioè di uno dei primi emigrati dall’Africa all’Europa, venendo così a colmare un vuoto paleontologico".

Però in questa zona aveva trovato altri reperti.

"Sì, alcuni molto preziosi. Per esempio un cranio di lupo medievale, datato intorno all’anno mille, mai ritrovato in Italia, e poi ossi appartenuti a un cervo gigante, denominato alce d’Irlanda, una creatura enorme che misurava ben 2.5 metri al garrese".

Ora lo studio a cui lavoreranno la Soprintendenza e le università di Parma, Bologna e Milano e il museo Paleontologico di San Daniele Po permetteranno di ricostruire il sesso, l’età e altre informazioni sulla vita di questo esemplare unico di Homo sapiens nello scenario padano per presentarlo in articoli internazionali e nella nuova esposizione permanente del museo di Storia Naturale dell’Ateneo parmense dove il fossile sarà esposto.

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