Cremona, Quindici persone denunciate per frode fiscale e sequestrati beni per 72 milioni di euro. Nell’operazione “Doppio Click“ i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza di Cremona hanno dato esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo disposto dal Gip del Tribunale di Cremona. A capo del gruppo di indagati il 49enne imprenditore cremonese Marco Melega, arrestato due anni fa insieme ad altre tre persone nell’ambito della stessa operazione.
La Finanza ha messo i sigilli a 28 beni mobili, tra cui una Lamborghini e un motoscafo Riva dal valore di centinaia di migliaia di euro, 127 immobili e terreni, 750 rapporti finanziari di varia natura (conti correnti, fondi pensione, conti deposito, obbligazioni, libretti di risparmio) riconducibili a 43 persone fisiche e giuridiche coinvolte nella frode.
Sono stati scoperti beni anche in 4 Paesi dell’Ue, Belgio, Bulgaria, Germania e Svezia, mentre in Italia le attività sono state condotte nelle province di Cremona, Milano, Brescia, Pavia, Bergamo, Lodi, Varese, Mantova, Parma, Piacenza, Venezia, Verona, Vicenza, Roma, Frosinone, Genova, Sassari, Torino, Treviso, Siena e Taranto.
Le indagini hanno preso spunto da segnalazioni per operazioni sospette riferite a società dell’e-commerce, riconducibili, direttamente ed indirettamente, a Melega. A capo di alcune delle società c’erano “teste di legno“, come una pensionata o una persona che all’epoca dei fatti era in cura da uno psichiatra; circostanza, quest’ultima, nota ad alcuni degli indagati. La donna acquisì due di queste società per un valore di 10mila euro diventandone amministratrice unica.
La difesa
"Non ho mai percepito compensi per queste attività - ha spiegato nella sua testimonianza riportata nel decreto di sequestro -. Non ho alcun trascorso manageriale essendomi occupata di una piccola lavanderia".
Vini, buoni carburante, prodotti elettronici e altro ancora, proposti a prezzi più che concorrenziali sul web, che non arrivavano gli acquirenti: i beni pubblicizzati non esistevano. I proventi delle truffe venivano ricondotti, con società inesistenti e prestanome compiacenti, nella disponibilità degli organizzatori dell’associazione criminosa.