Crema - «Intendo precisare che a Sabrina volevo bene, era mia amica di una vita, era in compagnia con me da quando eravamo ragazzini. Ci siamo persi di vista per una decina d’anni. Era una mamma amorevole e una persona buona. La nostra è sempre stata un’amicizia schietta e semplice, senza implicazioni sentimentali perché ciascuno aveva la sua vita". La memoria di Alessandro Pasini è uno dei documenti al vaglio del giudice dell’udienza preliminare di Cremona, Elisa Mombelli. Il 29 ottobre il gup deciderà se Alessandro Pasini ha ucciso la sua amica Sabrina Beccalli.
Il pm Lisa Saccaro ha chiesto una condanna a ventotto anni di reclusione. La notte torrida e maledetta di Ferragosto di un anno fa in via Porto Franco, nell’appartamento dell’ex compagna dell’uomo, a Crema. È Sabrina, come faceva spesso, a rivolgere l’invito per "una serata spensierata". Pasini parla di cocaina assunta da entrambi, per sé anche di eroina. Si scambiano "un po’ di coccole". Per la morte della Beccalli, ripete la sua verità. Spossato per un mix di alcol e stupefacenti, crolla in un sonno profondo. Avverte un forte rumore in fondo al corridoio, non riesce ad alzarsi, si riaddormenta. Pensa di essersi svegliato verso le 5 e nota sul copriletto delle piccole macchie di sangue. Altre macchie sulle pareti del corridoio e su un mobile nella lavanderia. Trova Sabrina nel bagno, riversa a testa in giù nella vasca, il volto coperto di sangue. Le pulisce il viso, tenta di rianimarla, prova a metterle il cellulare davanti alla bocca per vedere se si appanna. Il pensiero della compagna morta di overdose vent’anni prima, mentre lui si trovava in una comunità. Il pensiero di trovarsi in casa dell’ex fidanzata, con cui vorrebbe riallacciare il rapporto.
Tutte le sue azioni sono governate dal panico: la decisione di non chiamare soccorso, di avvolgere il corpo esanime nel copriletto e di trascinarlo lungo le scale per deporlo sui sedili posteriori della Panda di Sabrina. Sangue ovunque, sul pavimento, sul pianerottolo, sulle scale. Taglia il tubo del gas della caldaia in cucina, salvo rendersi conto che non sarebbe riuscito a dare fuoco al solo appartamento. Chiude il gas e apre le finestre. Un primo tentativo di ripulire, riordinare l’alloggio. Un secondo lo impegna per ore. La Panda con il cadavere cosparsa di gasolio e data alle fiamme.
La ricostruzione di Pasini è sposata dalla consulenza della difesa. Sabrina non viene aggredita nel ripostiglio e non crolla impattando con violenza sul termosifone, anche se sul suo viso sono state trovate particelle di antimonio e bario. In stato di malore, forse al buio, imbocca il ripostiglio, anziché il bagno, dove è diretta. Qualche imbrattamento di sangue è stato trovato sul letto. Lì, infatti, inizia il malore, come sostiene Pasini. È lì che Sabrina inizia a perdere sangue dopo avere sniffato. L’epistassi prosegue nel corridoio, nel ripostiglio, nel bagno, dove la donna cade, riporta due fratture mandibolari e muore. Antitetico il ritratto di Pasini tratteggiato al gup dall’avvocato Piergiorgio Bertoli, a cui l’associazione “I nostri diritti“, con il presidente Edi Sanson, ha affidato l’assistenza dell’ex fidanzata di Pasini (per il reato legato al taglio del tubo del gas). Un uomo di indole violenta, con esplosioni di violenza "inaudita". Hanno costellato la relazione. L’ultima, il 3 agosto dello scorso anno, durante una vacanza in Sicilia, ne ha segnato la fine.