È l’evento più atteso nella stagione di danza della Scala: “un balletto di balletti”, secondo William Forsythe, il maggior coreografo postclassico del nostro tempo, inseguito dalle più titolate compagnie del mondo. Manuel Legris, direttore del ballo, che a inizio carriera danzò “In the Middle”- una hit nel web- di Forsythe all’Opéra di Parigi, subito choccato dal genio di Billy “il rosso”, dichiara di aver lasciato carta bianca al coreografo capace di “stupirmi anche nella scelta dei cast, scovando talenti sorprendenti”. L’autore newyorkese, nella settantina, dopo vent’anni trascorsi a Francoforte, dove ha inventato nuove danze e nuovi “oggetti coreografici”, montando e smontando linguaggi e codici multi-artistici, e facendo del balletto “un Lego” dalle possibilità infinite, torna dopo più di dieci anni al Piermarini. Dal 10 al 30 maggio, ecco “Blake Works I”, nato all’Opéra di Parigi nel 2016, nel momento critico in cui Benjamin Millepied lasciava la compagnia, e montato anche a Washington, San Francisco, Amsterdam, e la sintesi inedita “Blake Works V”, che dà conto del ciclo a tappe che ne è seguito, intitolato al musicista e cantante James Blake, nato a Londra nel 1988, colto, sofisticato, tra pianoforte e computer, R&B e ambient. Si inanellano “Prologue”, “Lindesfarme I”, come leit motiv, “The Barre Project/Blake Works II”-video con le mani ritmate alla sbarra, nato in Zoom nel 2021 in piena pandemia, nella calma necessaria a sperimentare, senza vincoli produttivi, orari, calendari, e lanciato in streaming su Marquee tv (Tyler Peck, Lex Ishimoto, Brooklyn Mack, Roman Majia), avvolgendo e svolgendo in libertà la materia-balletto. “Non tutto è stato negativo nei confinamenti” dichiara Forsythe che ora vive in un bosco con duecento ettari di terreno, dove internet regge solo per la posta, ma è “felice di viversi Milano”. “Blake Works I”, maturato nel tempo, chiude la serata su sette brani dall’album “The Colour is Anything” per 21 ballerini/e alle prese con le regole e le delizie dell’eccezione- dice il coreografo- che illustra, tra ironia e understatement, il suo progetto, al solito composito, montato su misura per la Scala. Perché James Blake? “Perché è un compositore classico, a partire dalla tastiera- a casa sua ho ascoltato Bach non Beyoncé- e tutta la sua musica è in questo segno, una scelta sovversiva; mi rinvia a Ciakovsky”- canticchia “Il Lago dei cigni” marcando i ritmi- “nell’economia della serata si alternano momenti acustici ed elettronici; i ballerini devono mostrare la musica, anche le cesure tra le sezioni, come un orologio invisibile, per mantenere sempre la connessione con il pubblico, che dev’essere ‘educato’ a comprendere la struttura musicale, ma anche ‘intrattenuto’ godendosi i contrappunti e i contro épaulement di torso e braccia”. Ci sono caratteristiche che distinguono i ballerini italiani? “I giri” ride divertito, ricordando che “la scuola francese, a cui il capitolo ‘I’ rende omaggio, come una classe avanzata alla sbarra, una ricerca di stile di Corte, a modo mio, che brilla nelle ‘batterie-entrechat’; tutti adesso qui, una ventina di interpreti, hanno imparato tutti i ruoli con una grande voglia di sfidarsi nell’impresa”. Intanto il maestro Forsythe già si prepara per la Biennale d’Arte di Buenos Aires con i suoi pregiati “choreographic objects” e rivela il suo segreto: “amo lavorare”.
Cultura e SpettacoliMilano, i Blake Works di William Forsythe alla Scala