Italiani troppo poveri, a causa delle sanzioni, per dare loro in adozione i minori russi. Questa la singolare contestazione a cui gli enti di adozione internazionale italiani si stanno trovando a controbattere nei tribunali della Federazione Russa, nell’ambito dell’iter di adozione.
"Le procedure in corso hanno una vita strana – spiega Gianfranco Arnoletti, presidente di Cifa, il più grande ente italiano autorizzato alla adozioni internazionali – nei ricorsi si sostiene che, per effetto delle sanzioni, l’Italia sta diventando un Paese povero e che quindi le famiglie non riuscirebbero a mantenere i minori. Sono posizioni strumentali, contro cui portiamo la documentazione per evidenziare l’infondatezza". La propaganda, oltre che la guerra, entra così anche in questo ambito. E forse sarebbe stato meglio che la Cai, Commissione italiana per le adozioni internazionali, non sospendesse l’acquisizione di incarichi da parte di nuove coppie che volessero adottare minori russi. "La Federazione Russa è già orientata in questo senso, forse era meglio non anticipare i tempi". Sospese anche le nuove adozioni internazionali dall’Ucraina, mentre gli iter già instradati non hanno vita facile. "Delle nostre 3 coppie lombarde che avevano già conosciuto il bambino – ricostruisce Arnoletti - due adozioni sono andate a buon fine: in un caso siamo riusciti a convincere i giudici ucraini a fissare l’udienza al confine con la Polonia.
Per la terza coppia, il bimbo, con il suo istituto, è stato portato in Turchia. Sappiamo che sta bene, ma non sappiamo né dove sia né quando potrà tornare in Ucraina perché la famiglia possa andare a prenderlo". Ci sono poi altre 3 coppie, sempre in Lombardia, che avevano avviato l’iter prima della guerra, ma la procedura va a rilento, perché si fatica ad avere i documenti, a verificare lo stato dei bambini, a incontrare le autorità locali. "Di guerre ce ne sono state, ma le adozioni non sono mai state bloccate – evidenzia Arnoletti -. L’unica altra situazione pesante, in questo momento, riguarda la Cina, dove Cifa seguiva decine di adozioni ogni anno. Il Paese, però, non fa più entrare nessuno. Da febbraio 2020 abbiamo 30 persone che devono andare a prendere i bambini, ma non si intravede soluzione".