ANNA GIORGI
Cronaca

Daniele Polacci sfregiato con l’acido: "Presto sarà libera, mi ha giurato vendetta"

Milano, a due anni dall’agguato in piazza Gae Aulenti Daniele Polacci ha paura: "A me e ai miei familiari sei lettere di minacce. Risarcimento mai ricevuto"

Daniele Polacci

Daniele Polacci

Milano, 29 agosto 2022 - "E chi dice che lei non torni a cercarmi per portare a termine il suo piano, quello di vedermi morto o sfregiato a vita, che mi sorprenda ancora con l’acido o mi aggredisca con un coltello?". Daniele Polacci, 30 anni, cameriere in un ristorante di piazza Gae Aulenti, "Il Dani" sui social, parla in affanno e intanto il suo pensiero va veloce alla mattina del 3 gennaio del 2020 quando Tamara Masia, la donna di 46 anni che lui aveva conosciuto in chat, dopo un paio di incontri senza sentimenti, decide di punirlo cercando di accoltellarlo e poi di sfregiarlo con l’acido per avere smesso di “corteggiarla“.

Il dramma

Lo spray al peperoncino, lui che si porta le mani al viso per proteggersi e poi una lingua di acido gettato in testa che gli colerà sul viso procurandogli ustioni di secondo a terzo grado sulla guancia e sul collo. Quel giorno pioveva, lui aveva l’ombrello che lo aiuterà a ripararsi, in parte, evitando ustioni ben più gravi. E poi il ricovero, i mesi passati in un faticosa ripresa fisica, le cure e la paura. Questa è la storia di una persecuzione di genere al contrario: in cui è l’uomo a essere vittima di una donna stalker e potenziale assassina. Una donna che dal carcere ha continuato a minacciarlo di morte e avrebbe anche tentato di assoldare un sicario, convinta di doversi vendicare del giovane che l’aveva illusa, perché amata e lasciata dopo pochi incontri.

Le lettere

Sei lettere, la prima cinque mesi dopo l’aggressione, proprio mentre lui si stava riprendendo anche con l’aiuto di uno psicologo, e l’ultima un anno fa, in cui la donna in uno sbocco di odio e rancore, annunciava "vendetta eterna". Erano state anche queste lettere in cui lei esprimeva un "odio feroce e malato" a convincere il gup Manuela Cannavale a condannare Masia a due anni di carcere in abbreviato e due da scontare in una Rems. "Tre lettere erano intestate a me - dice Polacci - e due a mio padre. In tutte mi incolpava di averla fatta finire dietro le sbarre, di avere rovinato la vita a lei, che mi amava. Nelle altre invece mi accusava di averla presa in giro, delirava, minacciava anche i miei genitori. Come faccio a non vivere nel terrore sapendo che lei sta per uscire, questione di mesi, io potrei andare all’estero, ma mio padre? Mia sorella?".

Il profilo della donna

Gli inquirenti nelle carte del fermo la descrivono come una donna molto problematica che già in passato e più in occasioni aveva dato segni di una personalità border, senza mai arrivare però all’estremo di usare l’acido. Risulta, sempre dalle indagini, che la donna cercasse da giorni di mettere in atto il suo piano di vendetta. Era stata notata anche davanti al palazzo dove abitava e abita Polacci alla periferia est della città: i vicini avevano dato l’allarme. All’arrivo delle forze dell’ordine però lei si era già dileguata. Resta in sospeso anche la questione del risarcimento. "La sentenza di condanna - spiega il 30enne - prevedeva una provvisionale di 11mila euro. Io non ho ricevuto nulla, eppure di spese ne ho sostenute parecchie. Il danno e la beffa, anche se il mio tormento oggi è ancora solo lei, che urla, insulta e mi vuole morto".