STEFANIA TOTARO
Cronaca

Anche una Lamborghini da 350mila euro tra le auto della truffa alle finanziarie

Tra gli indagati finiti in manette padre e figlio, titolare di una concessionaria d'auto a Bellusco e un 34enne di Capriate San Gervasio, sulla carta nullatenente, ritenuti gli ideatori del raggiro

Anche una Lamborghini nel mirino dei truffatori

Anche una Lamborghini nel mirino dei truffatori

Bellusco (Monza Brianza), 14 Gennaio 2025 - Anche una Lamborghini Ursus arancione da 350mila euro tra le auto, più di un centinaio, comprate in tutta Italia con finanziamenti o contratti di leasing di cui poi non pagavano le rate. Avrebbe iniziato ad agire nel 2021 la presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all'autoriciclaggio che oggi ha portato i militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Monza e Brianza ad eseguire 14 ordinanze di custodia cautelare, 6 in carcere, altrettante agli arresti domiciliari e 2 all'obbligo di firma, firmata dalla gip del Tribunale di Monza Angela Colella.

Tra quelli finiti in manette in Brianza ci sono padre e figlio, 54 e 32 anni, Pietro e Yuri Mottadelli, quest'ultimo titolare di una concessionaria di auto a Bellusco e il primo con vecchi precedenti penali in materia di veicoli e altri commercianti del settore del Vimercatese, nonché il 34enne Antony Simon Uier di Capriate San Gervasio in provincia di Bergamo.

Sono ritenuti dagli inquirenti gli ideatori della mega truffa alle finanziarie, per un importo che supera l'importo gli 8 milioni di euro, che i finanzieri, con l’ausilio di unità cinofile “cash dog”, hanno provveduto a sottoporre a sequestro preventivo. Tra le parti offese la finanziaria della Hyundai, che ha presentato denuncia dopo essersi resa conto che troppi finanziamenti non venivano onorati, ma anche quella del terzo gruppo bancario italiano. Le indagini dei finanzieri, coordinate dal pm della Procura di Monza Salvatore Bellomo, hanno consentito di capire che la banda si avvaleva di soggetti di etnia sinti, reclutati dagli indagati finiti agli arresti domiciliari, come prestanome a cui intestare un contratto di finanziamento dopo avergli fatto ottenere una falsa documentazione sui redditi ed aprire un regolare conto corrente su cui fare addebitare le rate poi non pagate. In realtà si trattava di nullatenenti che poi non pagavano i debiti contratti con le finanziarie. Ma le auto venivano però nel frattempo ritirate (grazie anche alla complicità di due trasportatori per cui la giudice ha disposto ora la misura cautelare dell'obbligo di firma) e cedute dai fittizi intestatari agli autosaloni amministrati dai capi dell’associazione, i quali provvedevano, infine, a rivendere le autovetture a prezzi sensibilmente più bassi rispetto a quelli di mercato a clienti che, nella maggioranza dei casi, sono risultati del tutto ignari della presunta truffa.