
Murales dedicato a Falcone e Borsellino
Ventinove anni fa un boato squarciò l'atmosfera di un caldo pomeriggio siciliano. Non erano neppure passati due mesi dalla strage di Capaci. Palermo e l'Italia intera si interrogavano ancora sulla strage dell'autostrada che si portò via il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta quando la mafia tornò a colpire, uccidendo Paolo Borsellino, il secondo pilastro della battaglia contro la Piovra. Fu la più annunciata delle stragi. Allo stesso tempo antefatti e progettazione di quell'esplosione sono rimasti avvolti nel mistero, in un trentennio di depistaggi, complicità e inciampi delle inchieste.
Lo stesso magistrato aveva denunciato in più di un'occasione l'isolamento in cui erano costretti a lavorare lui, Falcone e i loro collaboratori. Di fatto, una premonizione del proprio destino. Oggi molti passi in avanti sono stati fatti, sia sul fronte della lotta alla mafia, con arresti eccellenti ed efficaci operazioni contro le cosche e i loro appoggi nella società, sia sul fronte della consapevolezza della popolazione nella forza dell'impegno anti-criminalità organizzata, ma la guardia deve rimanere alta. Lo sa bene il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, colpito lui stesso nei suoi affetti più cari dalla mafia - il fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, fu assassinato nel gennaio del 1980 da un sicario - che anche oggi ha voluto rendere omaggio a chi ha pagato con la vita i suoi lavoro e impegno contro le cosche.
Il messaggio del capo dello Stato
"L'attentato di via D'Amelio, ventinove anni or sono, venne concepito e messo in atto con brutale disumanità - si legge in una nota diffusa dal Quirinale - Paolo Borsellino pagò con la vita la propria rettitudine e la coerenza di uomo delle Istituzioni. Con lui morirono gli agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. La memoria di quella strage, che ha segnato così profondamente la storia repubblicana, suscita tuttora una immutata commozione, e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell'impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l'illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale".
Il tributo del presidente della Repubblica con Borsellino omaggia anche Falcone e tutti i pm che hanno combattuto, spesso con armi impari, contro la magia. "Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone - si legge sempre nel messaggio - sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società. Per questo si sono spesi con ogni energia. Da magistrati hanno espresso altissime qualità professionali. Hanno intrapreso strade nuove, più efficaci, nelle indagini e nei processi. Hanno testimoniato, da uomini dello Stato, come le mafie possono essere sconfitte, hanno dimostrato che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia. Per questo sono stati uccisi. Non si sono mai rassegnati e si sono battuti per la dignità della nostra vita civile. Sono stati e saranno sempre un esempio per i cittadini e per i giovani. Tanti importanti risultati nella lotta alle mafie si sono ottenuti negli anni grazie al lavoro di Borsellino e Falcone",
L'attentato
Quel 19 luglio 1992 Paolo Borsellino, 51 anni, da 28 in magistratura, procuratore aggiunto nel capoluogo siciliano dopo aver diretto la procura di Marsala, pranzò a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia. Poi si recò con la scorta in via D'Amelio, dove vivevano la madre e la sorella. Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa cento chili di tritolo a bordo, esplose al passaggio del giudice, uccidendo anche i cinque agenti. Erano le 16.58. L'esplosione, nel cuore di Palermo, venne avvertita in gran parte della città.
L'autobomba uccise il magistrato; Emanuela Loi, 24 anni, la prima donna poliziotto in una squadra di agenti addetta alle scorte; Agostino Catalano, 42 anni; Vincenzo Li Muli, 22 anni; Walter Eddie Cosina, 31 anni, e Claudio Traina, 27 anni. Unico superstite Antonino Vullo. Una serie di iniziative anche oggi ricordano quel terribile pezzo della storia d'Italia, su cui, nonostante processi e indagini, che proseguono, deve ancora essere scritta la verità piena, dentro un contesto, è stato detto, in cui il "grande depistaggio" non e' finito. E così fare memoria diventa "azione attiva".
L'eredità del pm
In via D'Amelio le "Agende rosse" restano mobilitate, spinte da un instancabile Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che con l'Agi ha parlato di "uno Stato che non merita fiducia perché a 29 anni di distanza ancora non si è indagato a sufficienza su molti punti rimasti oscuri, a partire dalla presenza dei servizi nella strage e su chi veramente ha ordito certe mistificazioni". Così, "le indagini sulle stragi non si sono mai fermate e non si fermano", ha assicurato il procuratore generale di Caltanissetta, Lia Sava.
Oggi, intanto, è il giorno della memoria con una serie di iniziative, dal presidio "Scorta per la memoria" agli interventi dei familiari delle vittime della strage,c on il minuto di silenzio alle 16.58. E ancora spettacoli, dibattiti e proiezioni. A Palermo e in tutta Italia.