Como, 17 settembre 2015 - I diari di Daniela Serafinelli, su cui si regge buona parte della sentenza di condanna a carico del terapeuta luganese Waldo Bernasconi, non sono mai stati sottoposti a perizia. Così i legali dell’imputato, ex titolare di case di cura per il trattamento di anoressia e bulimia tra Como e Lugano, dove applicava la sua «Teoria Neoreichiana», hanno depositato ricorso in Cassazione, per chiedere un nuovo processo.
Il «Caso Bernasconi» risale al 2007, quando la Procura di Como aveva aperto un fascicolo di indagine sui metodi di cura del terapeuta e del suo staff, mettendo sotto sequestro Cascina Respaù, la struttura attiva da tre anni facente capo a un numero verde e un forum nazionali, che ogni anno riceveva centinaia di chiamate da ragazze in difficoltà. Era il corrispettivo italiano della clinica SanaVita di Lugano, altro indirizzo da cui sono passate decine giovani di pazienti, punto di riferimento di una vera e propria «galassia» per la cura dei disturbi alimentari. Le indagini avevano portato ad accusare Bernasconi di non essere in possesso di titoli di studio validi, e che i metodi di cura utilizzati non erano mai stati validati dal mondo medico scientifico. Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Toscana, Bernasconi era stato radiato nel settembre 2009.
Il processo di primo grado si era concluso nel 2012, con la condanna di quattro imputati tra cui lo stesso Bernasconi, il proscioglimento di altri tre - tra cui la moglie e la figlia - e l’assoluzione per tutti dall’accusa di associazione a delinquere e truffa alle Asl. Le condanne - 7 anni e 6 mesi di carcere, per Bernasconi per esercizio abusivo della professione sanitaria, quattro casi di abusi sessuali, 4 anni e 7 mesi di condanna e 4 anni e 9 mesi i collaboratori Piero Billari e Isaac George, 4 mesi per Silvia Agoletti nel frattempo prescritta - erano state ridotte in Appello, con la prescrizione di due casi di abusi sessuali e dell’esercizio abusivo della professione.
Ora però, davanti alla Cassazione, i suoi legali Angelo Giuliano e Piermario Vimercati, chiedono che il processo torni in Corte d’Appello per svolgere una perizia sui diari di un’ex paziente, una ragazza morta suicida nel 2002 a soli 22 anni, prima dell’apertura delle indagini, e valutarne l’attendibilità. Rispetto alla condanna di secondo grado di 6 anni e 6 mesi, 5 anni e 6 mesi sono motivati dalle condotte, qualificate come abuso sessuale, emerse da quelle pagine. Il consulente di parte, Alessandro Meluzzi, aveva infatti stabilito che la ragazza soffriva di un disturbo di una tale gravità da non poterne dare per certa l’attendibilità. La consulenza, prodotta in Appello, era stata esclusa in quanto Meluzzi era stato chiamato come testimone nel processo di primo grado, e quindi incompatibile.