Il caldo dell’estate fa paura. È una stagione di inferno quella che si prospetta nelle carceri italiane. Una condizione asfittica che l’Associazione Antigone, nel dossier che raccoglie numeri e testimonianze dei primi sei mesi del 2024, riassume così: “Le carceri scoppiano”. Dalle 88 visite svolte dall’Osservatorio, nel 27 per cento dei casi nelle celle non sono garantiti i tre metri quadri di spazio calpestabile a testa. Non c’è refrigerazione e spesso nemmeno ventilazione. Manca la luce naturale in molte celle. In alcuni casi, manca persino l’acqua. I detenuti segnalano infestazioni di insetti. “Dal bidet escono i topi”. “Siamo invase da blatte e formiche”. Condizioni degradanti che hanno portato lo scorso anno a ben 10mila ricorsi. Più della metà accolti. “L’Italia viene sistematicamente condannata dai suoi stessi tribunali”, commenta la coordinatrice dell’Associazione Susanna Marietti.
Sovraffollamento
Sono solo 38 su 189 le carceri non sovraffollate. Il sistema penitenziario rigurgita circa 14 mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare, che spesso non è quella reale, perché non tutti gli spazi sono agibili. Significa un tasso ufficiale medio del 120 per cento di affollamento che supera il 130 per cento in quello reale. In 8 carceri si supera il 190 per cento. Negli ultimi 12 mesi i nuovi ingressi sono stati 4 mila nelle carceri per adulti e 586 negli istituti minorili, per la prima volta sovraffollati anche questi, con un aumento del 30 per cento. “Le presenze sarebbero anche maggiori” - evidenzia Marietti - “se non fosse per la pratica resa più facile dal decreto Caivano di trasferire nelle carceri per gli adulti chi ha compiuto la maggiore età”. Intanto, la madre di un ragazzo detenuto ha scritto all’associazione: “Mio figlio mi ha chiamata e mi ha detto che stanno tenendo i detenuti chiusi nelle celle 24 ore su 24, con 50 gradi e senza ventilatori. Stanotte si è sentito male (soffre di asma e sta prendendo antibiotici), nessuno gli ha aperto”.
Il carcere sedato e i suicidi
Un carcere stipato, ma anche sedato: l’associazione evidenzia un ricorso straordinario di psicofarmaci, con il 39 per cento dei detenuti che assume sedativi. Un carcere poi, sempre più teatro di morte: i suicidi non danno nessun segno di rallentamento. Al 23 luglio si sono tolti la vita 58 detenuti. Nove soltanto nel mese di luglio. Se il 2022 è stato l’anno con il maggior numero di suicidi nelle carceri italiane, con 85 casi, il rischio è di infrangere un nuovo tragico record. Il tasso di suicidio è più alto nella popolazione carceraria straniera. Sono stranieri, infatti, il 45 per cento delle persone che si sono tolte la vita nei primi mesi del 2024. Guardando all’età, avevano appena 20 anni i ragazzi che si sono uccisi a Novara e a Pavia, i più giovani della lista. Il più anziano, un uomo di 81 anni a Potenza. Ventisette persone si sono tolte la vita giù durante i primi sei mesi di detenzione. Di questi otto erano in carcere da una manciata di giorni.
“Condizioni di vita drammatiche, servono misure urgenti”
“Le condizioni di vita sono drammatiche e la situazione esplosiva”, commenta il presidente dell'associazione Antigone Patrizio Gonnella, aggiungendo sul pacchetto sicurezza in via di approvazione: “è un’inversione di tipo autoritario sul sistema penitenziario italiano introducendo, ad esempio, il delitto di resistenza passiva”, dice Gonnella, riferendosi alle rivolte penitenziarie che sono ormai all’ordine del giorno, ma che il presidente definisce come “manifestazione di disperazione”. Il ritiro del pacchetto sicurezza è solo una delle 15 proposte dell’associazione per tornare a “un carcere costituzionale”.
Tra queste, l’approvazione di misure che consentano telefonate quotidiane per evitare i suicidi e la dotazione di tutte le celle di tutti gli istituti di ventilatori o aria condizionata e frigoriferi, quanto meno di sezione. Ritornare dal sistema a celle chiuse a celle aperte durante il giorno. Moltiplicare la presenza di psichiatri, etno-psichiatri e medici. Prevedere che si possa entrare in carcere solo se è assicurato lo spazio minimo vitale. Non prendere in considerazione queste misure, quindi continuare a tenere persone in meno di tre metri quadrati, in celle chiuse anche durante il giorno, senza ventilatori o aria condizionata, conclude Gonnella, “è un errore tragico e colpevole”.