GIULIO MOLA
Cronaca

Allarme baby-dopati, il pm Guariniello: "Magistrati e medici insieme per i controlli"

E il primo magistrato a voler far luce su questo pericoloso malcostume

Raffaele Guariniello

Raffaele Guariniello

Milano, 5 novembre 2018 - L'ultimo magistrato a indagare e a lanciare il grido d’allarme sul doping tra i giovanissimi è stato lo scorso febbraio il capo della Procura di Lucca, Pietro Suchan. «Qui ci sono genitori e allenatori che scherzano con la vita dei ragazzi, bisogna che qualcuno si decida a collaborare per evitare altro dolore e altri lutti», aveva detto commentando l’inchiesta che aveva portato alla luce il “rituale” cui erano sottoposti quindici atleti giovanissimi di una delle più ricche squadre dilettantistiche nazionali: iniezioni di Epo, ormone della crescita di ultimissima generazione (in arrivo dai Paesi dell’Est) e antidolorifici a base di oppiacei. C’era scappato il morto e sotto accusa erano finiti medici, dirigenti, genitori e “fiancheggiatori”.

In precedenza avevano fatto molto discutere anche le indagini (pure sul territorio lombardo) del pm padovano Benedetto Roberti, che prima di scoperchiare il pentolone del marcio, da ex ciclista aveva potuto verificare con i propri occhi le pessime abitudini di alcuni atleti, arrivando a percepire che il mondo amatoriale era di gran lunga peggiore rispetto a quello professionistico. Per poi addirittura scoprire che un tossicodipendente ricopriva l’incarico di preparatore di una nota formazione dilettantistica lombarda senza che nessuno si scandalizzasse. Chi negli ultimi vent’anni ha indagato su ciclismo e doping, ha visto e scoperto di tutto: supposte di cortisone prima della gara, iniezioni di ferro che annerivano i glutei, il Ventolin usato come una barretta di cioccolato, poi ancora testosterone, insulina e sostanze mascheranti. Il problema è che il circo dei dopati non riguarda solo i più forti e conosciuti. Ma avvolge (soprattutto) gli atleti più fragili: giovanissimi, adolescenti.

E il primo magistrato a voler far luce su questo pericoloso malcostume è stato Raffaele Guariniello, pm torinese da tre anni in pensione dopo aver portato avanti la battaglia per la legalità nello sport (caso Pantani in primis) e non solo. La sua inchiesta del 2011 sul doping amatoriale, aprendo gli armadietti di tanti under 15 anche nella nostra regione, scosse un ambiente narcotizzato e drogato da mille sollecitazioni, non solo dai farmaci proibiti: «A volte purtroppo si dimentica che in palio non ci sono trofei, ma la salute di tanti ragazzi che praticano lo sport, sui campi, in palestra o nelle piscine. Ci vorrebbe maggior senso di responsabilità da parte di tutti, a cominciare dai genitori». I quali, anziché controllare coloro che insegnano il ciclismo ai propri figli, pensano solo a quella medaglia di latta, anche se vinta ricorrendo all’aiutino e a una cultura distorta fatta di integratori ed epatoprotettori. Cosa fare per contrastare il fenomeno? Guariniello ha una sua idea: «È necessario costituire un pool su scala nazionale composto da magistrati e medici che autorizzato dalla Procura della Repubblica metta piede nelle farmacie e nei campi d’allenamento, per scoprire anomalie e casi sospetti. E poi, ripeto, bisogna ricordare ai genitori che prima delle loro ambizioni c’è la salute dei figli, perché se un ragazzino di quindici anni ricorre al doping, non credo lo faccia di sua spontanea volontà...».