LUCA BALZAROTTI
Cronaca

I beni confiscati alla mafia in Lombardia: da fortini dei boss a economia pulita

Viaggio tra le realtà che combattono l’illegalità (e poi la burocrazia). I modelli da Chiaravalle a Castellanza

Milano, l’ultimo festival dei beni confiscati a Casa Chiaravalle con l’assessore Bertolè

Milano, l’ultimo festival dei beni confiscati a Casa Chiaravalle con l’assessore Bertolè

Milano, 13 marzo 2023 – Parallelo Lab è un piccolo centro di artigianato sociale. A Castellanza, che già di suo unisce le province di Varese e di Milano, un immobile confiscato alla mafia è diventato un centro di integrazione tra lavoratori di nazionalità diverse e un modello di occupazione. A pochi chilometri, a Rescaldina, sulla Saronnese, l’Osteria La Tela è la risposta (buona) imprenditoriale e sociale a chi qui faceva affari sfruttando il binomio ristorazione- ’ndrangheta. Più a Sud, a Chiaravalle, alle porte di Milano, si trova il bene più grande confiscato alla criminalità organizzata in Lombardia. Un consorzio di quattro imprese sociali ha dato vita a Passepartout, un modello di assistenza integrata e di accoglienza di persone bisognose: Casa Chiaravalle, circondata da 7 ettari di terreno agricolo e 2 ettari di giardino, ospita servizi residenziali tra cui una comunità educativa per minori e un progetto di housing sociale temporaneo. 

Il viaggio nella Lombardia che sta lentamente offrendo un futuro a beni e aziende strappati a chi faceva affari sporchi trova alcune roccaforti anche nell’Alta Lombardia. A Nuvolera (Brescia) una villetta ristrutturata è diventata Casa Libera. È gestita da Abe, che concede gli appartamenti a uso gratuito alle famiglie dei bambini seguiti dal Reparto di Onco-Ematologia Pediatrica e Centro Trapianto di Midollo Osseo degli Spedali Civili di Brescia. Berbenno (Bergamo), invece, ha creato una Comunità Familiare per minorenni chiamati a vivere per un periodo lontano da casa. Nella Bassa Lombardia, a Vigevano (Pavia), i volontari del Focolare hanno costituito una rete di aiuto per le famiglie. La loro sede è in un edificio tolto alla mafia.

Secondo l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni confiscati (Anbsc), in tutta la regione si contano 1.678 beni immobili e 228 aziende sottratti alla criminalità organizzata. Ma l’iter che porta alla nuova vita di queste proprietà sequestrate non è così rapido. Fino al secondo grado della confisca, beni e aziende restano “in gestione“ di un amministratore nominato dal tribunale. Solo col pronunciamento definitivo delle autorità giudiziarie diventano “destinati“, trasferiti allo Stato o agli enti locali (Regioni, Province, Comuni) per essere assegnati a iniziative con finalità sociali. A fine febbraio l’Anbsc in Lombardia raccoglieva sotto questa voce 1.590 beni immobili e 135 aziende. Per alcuni, però, la strada del riutilizzo resta ancora lunga per la difficoltà di trovare velocemente il progetto giusto. 

A 27 anni dalla legge 109 sulle destinazioni sociali delle proprietà confiscate, il dossier “Raccontiamo il bene“ con cui Libera ha fotografato l’alternativa positiva alla mafia certifica il quarto posto della Lombardia per numero di soggetti (144) del terzo settore impegnati là dove operava la criminalità organizzata. "Producono un’economia sana e pulita, che non guarda al profitto ma allo sviluppo della persona e delle sue abilità, un’economia sostenibile – sottolinea Tatiana Giannone, responsabile nazionale beni confiscati di Libera, la rete di associazioni contro le mafie –. Servono strumenti sempre più precisi e sistematizzati per gestire il grande numero di beni immobili e di aziende confiscate e poter trasformare questo patrimonio in vera opportunità per il Paese".