ACHILLE PEREGO
Cronaca

Chi era Enrico Mattei, l’imprenditore geniale che rese grande l’Italia

Volle per l’Italia l’indipendenza energetica, anche a costo di sfidare le grandi lobby anglo-americane del petrolio, e morì in un attentato nel 1962

Enrico Mattei, fondatore dell'Eni, Ente Nazionale Idrocarburi

Era la sera del 27 ottobre del 1962 quando sopra Bascapé, un paesino della campagna pavese, qualcuno vide un piccolo aereo precipitare ed esplodere. Fu la fine, a 56 anni, del presidente dell’Eni Enrico Mattei in volo insieme con il giornalista americano William McHale, sul bireattore pilotato dall’ex ufficiale dell’Aeronautica Irnerio Bertuzzi, e che avrebbe dovuto atterrare a Linate dopo il decollo da Catania.

La morte del fondatore dell’Eni, del pilota e del suo compagno di viaggio, rimase per anni, con inchieste incapaci di fare luce su quel che accadde nei cieli padani, un mistero – il «caso Mattei» - con troppe reticenze fino al 2012. Quando, secondo il processo legato all’omicidio del giornalista Mauro De Mauro, sequestrato nel 1970 dalla mafia senza mai essere più ritrovato perché si disse si era avvicinato troppo ai segreti di Bascapè, lo schianto dell’aereo e la morte di Mattei furono almeno giudiziariamente riconosciuti come un attentato dovuto a mandanti ignoti che vedevano nel presidente dell’Eni una figura scomoda.

Scomoda per il suo attivismo dentro e fuori dall’Italia per rendere sempre più indipendente energeticamente il nostro Paese con un’apertura terzomondista in opposizione al potere delle «Sette Sorelle», il cartello anglo-americano del petrolio.

Enrico Mattei con alti dirigenti della Raffineria di Gela, nel 1962

Nato ad Acqualagna, in provincia di Pesaro, il 29 aprile del 1906, figlio di un brigadiere dei carabinieri, dopo la scuola tecnica Mattei lavora come verniciatore di letti di metallo e poi, entrato da garzone diventa a 20 anni direttore del laboratorio della conceria Fiore. Negli anni Trenta lo ritroviamo piccolo imprenditore chimico a Milano e poi, con la guerra, partigiano dopo l’avvicinamento alla Democrazia Cristiana con cui diventa deputato, con riferimenti come Fanfani, Gronchi e La Pira.

Incaricato di liquidare l'Agip, l’Azienda generale italiana petroli, costituita nel 1926 dallo Stato per sviluppare una propria attività petrolifera, Mattei sceglie però di non seguire questa indicazione per realizzare un obiettivo che ritiene fondamentale: garantire al Paese un campione nazionale capace di fornire a imprese e famiglie energia sufficiente e a prezzi più bassi rispetto a quelli degli oligopoli internazionali.

Il primo pozzo petrolifero a Cortemaggiore e la città di Metanopoli

Raddoppia così la perforazione dei pozzi, sfrutta al meglio la ricerca mineraria del gas nella Val Padana, sceglie le alleanze necessarie all’interno del governo e dei partiti che lo sostengono per realizzare ciò che per il momento è solo nella sua mente. E l’obiettivo di Mattei si concretizza nel 1953 con l'istituzione, travagliata e contrastata da una parte della politica e dell’industria privata, dell'Eni.

Alla cui guida Mattei è tra i primi, con una strategia Mediterranea e l’apertura (1958) anche al petrolio russo, a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse, sfidando le Big Oil con il riconoscimento ai Paesi produttori del Nord Africa e del Vicino Oriente del 75% anziché il 50% delle royalty.

Enrico Mattei incontra il principe del Kuwait in Marocco, nel 1960

Spregiudicato nelle sue scelte, capace di utilizzare i partiti «come taxi», pronto a sostenere le sue idee anche con la creazione di un proprio quotidiano (Il Giorno fondato il 21 aprile del 1956) innovativo come lo fu la costruzione di quartieri abitativi moderni e immersi nel verde per i dipendenti e le loro famiglie, Mattei aveva un solo, grande progetto: garantire la sicurezza energetica del nostro Paese facendo dell’Eni il perno del suo sviluppo e della ricostruzione postbellica. E ricordando il suo celebre motto «non voglio essere ricco in un Paese povero» viene da pensare che in questo periodo non facile, tra guerra e crisi energetica, all’Italia forse servirebbe un Mattei.