Non tutti quelli che non vogliono vaccinarsi sono no-vax, e questa è la nuova puntata di Dieci. Ogni settimana una storia raccontata con video, foto e infografiche. L'informazione semplice, ma spiegata bene. Se stai leggendo da uno smartphone, clicca su > questo link < per goderti a pieno il prodotto. Altrimenti, inizia a sfogliare quello che vedi qui sotto.
A giugno, secondo uno studio dell'Università degli Studi di Milan, il 19 per cento degli italiani non aveva intenzione di vaccinarsi. Questo è il principale ostacolo per il raggiungimento dell'immunità di gregge al 90 per cento raccomandata dagli esperti a seguito della diffusione della variante Delta. Di questi però, solo il 6 per cento rappresenta lo zoccolo duro di chi non farebbe il vaccino neanche se obbligato.
«È importante distinguere i no-vax dagli esitanti vaccinali», spiega Annalaura Carducci, dell'Osservatorio comunicazione sanitaria dell'Università di Pisa. «I no-vax credono che i vaccini facciano del male o che siano un complotto: la loro è una convinzione così radicata da essere una fede. Ma si tratta di un gruppo di persone molto piccolo che fa tanto rumore». Quello che veramente riduce d'adesione alle vaccinazioni, chiarisce Carducci, «è l'esitazione vaccinale, cioè quella situazione in cui una persona è piena di dubbi e incertezze motivate dal fatto che decidere sulla propria salute è una cosa che vorrebbe fare con grande convinzione. E se questa manca, la persona ritarda, aspetta, rifiuta. In realtà, sta confessando una necessità di maggiore informazione e conoscenza: è su di loro che bisogna intervenire. Un no-vax, invece, è difficilissimo da convincere.»
Oggi, persuadere gli esitanti è una battaglia sempre più urgente. «Su 120 persone ricoverate negli ultimi mesi, 117 sono persone non vaccinate», racconta Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie Infettive dell'ospedale San Martino di Genova. «I contagi – spiega – stanno di nuovo crescendo a ritmi altissimi. Non possiamo permetterci di arrivare a settembre con un terzo degli italiani che non ha fatto neanche una dose. Le cose si metterebbero male, di nuovo».
Ma come si manifesta l’opposizione ai vaccini? La questione, per come posta dai sostenitori delle fonti anti-vacciniste, viene declinata in due ambiti diversi: da una parte quello scientifico, dove il dibattito è orientato a sottolineare o esasperare i danni potenzialmente provocati dai vaccini, mettere in dubbio la loro efficacia, oppure, nei casi più estremi, delineare connessioni causali tra vaccini e autismo o morti infantili.
Dall’altra parte c'è l’ambito politico, che si esprime nella critica nei confronti dell’obbligatorietà della vaccinazione oppure nel presentare legami viziosi tra rappresentanti politici e industrie farmaceutiche, con discorsi spesso riconducibili a quelli complottisti.
Nel dibattito pubblico questi due versanti si collegano a un movimento sociale piuttosto sfaccettato, le cui varie correnti hanno assunto nel tempo diversi gradi di radicalismo, adottando dei nomi e dei caratteri differenti: coloro che in generale sostengono la pericolosità o l’inefficacia dei vaccini per la salute, e per questo sono contrari all’obbligo imposto dalla legge, si definiscono “No Vax”. Diversamente, coloro che meno radicalmente sostengono che la scelta di sottoporsi alle vaccinazioni debba essere delegata alla coscienza individuale, e che non necessariamente ritengono i vaccini dannosi, si definiscono “Free Vax”.
Ovviamente questi due modi di approcciare la questione, sebbene si esprimano spesso con terminologie e discorsi molto diversi, sono intimamente legati: una maggiore sfiducia nell’efficacia e nella sicurezza dei vaccini può tradursi in una maggiore ostilità nei confronti degli obblighi legislativi. A danno di tutti. Abbiamo provato a contattare dieci comitati regionali del Coordinamento del movimento italiano per la libertà vaccinale (Comilva). Nessuno ci ha concesso un'intervista. Di seguito la risposta del comitato piemontese: «come abbiamo già risposto ad altri suoi colleghi del cosiddetto mainstream, riteniamo che la linea editoriale del suo giornale non sia compatibile con una corretta informazione». La mancaza di dialogo di Comilva contraddice il loro stesso manifesto, dove si legge che il movimento «promuove l’apertura e la trasparenza, nonché un dialogo continuo con i propri interlocutori, tra cui i media».