L’emergenza coronavirus «ha suscitato reazioni sproporzionate». Reazioni, come la corsa ai supermercati, che «hanno generato enormi paure per cose piccole, desideri meschini che hanno soffocato i grandi desideri». Le parole dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, sono risuonate in una chiesa vuota, con i fedeli che hanno seguito la messa in streaming. Un riferimento all’attualità contenuto nell’omelia pronunciata ieri nel santuario della Madonna delle lacrime di Treviglio, per la prima volta a porte chiuse da quando si ricorda il miracolo del 28 febbraio 1522, quando l’affresco della Vergine lacrimò convincendo il generale Lautrec a risparmiare la cittadina. Delpini oggi celebrerà la messa della domenica di inizio Quaresima nel Duomo di Milano. I fedeli potranno seguirla, dalle 11, in diretta su Rai3.
Milano, 1 marzo 2020 - L' orizzonte è più luminoso e promettente di quello che uno sguardo miope riesce a vedere. La parola amica chiama a una vocazione più alta e gloriosa delle aspettative degli uomini e delle donne del nostro tempo e anche l’abisso del male è più profondo, insidioso, spaventoso di quanto la gente sia disposta a riconoscere. La minaccia è più grave e insidiosa di quanto sia percepito. Il messaggio dunque è: "Evitiamo la banalità". Ecco a che cosa siamo chiamati. Dovremmo sentire una specie di fastidio per le parole inutili, dovremmo avvertire una specie di insofferenza per le semplificazioni sbrigative che liquidano i problemi con una battuta, che squalificano il pensiero con un sorriso di compatimento, dovremmo soffrire come di una offesa all’intelligenza la circolazione di luoghi comuni sottratti a ogni argomentazione, slogan brillanti che non significano niente e non comportano alcuna responsabilità.
Il bene , la vocazione a cui siamo chiamati, è più alto della banalità. Il male che ci insidia è più profondo di quello che sta nei discorsi banali. Da questo santuario così luminoso, restaurato, che fa risplendere i suoi colori e immagini che raccontano le sue storie, raggiungo case in cui non sono mai stato, sorrido a persone che non ho mai avuto occasione di incontrare. Attraverso la televisione mi faccio presente là dove sono le cose, i ritmi, le relazioni che fanno di un oggetto una casa, che fanno di quattro mura la dimora di persone che vivono, amano, soffrono, sperano. Entro in tutte quelle case che vogliono accogliere il messaggio che dice: "Quella che voi fate non è una vita banale, quelle cose che voi trattate, quelle persone con cui siete in relazione non si possono ridurre a chiacchiere banali, ad abitudini logorate dal tempo".
Andiamo oltre la banalità, restituiamo alle cose, ai rapporti, alle quotidiane abitudini la loro grandezza, riconosciamo anche nel male l’abisso che ci spaventa, evitiamo valutazioni sbrigative di fronte a pericolo e all’abisso del male. La minaccia di Lautrec alla città di Treviglio era quella di scatenare il saccheggio, la violenza, la strage. Non voleva entrare nella città solo per dare un severo rimprovero a una popolazione poco ospitale ma operare una vendetta spietata. Si resta sconcertati di fronte all’abisso del male. Come può l’uomo progettare una strage? Per quale abisso insondabile di cattiveria può sorgere un proposito così inflessibile? La banalità, la superficialità, l’emotività induce a ingigantire quello che è piccolo e a non percepire e a non vigilare su quello che decide della vita e della morte.
L’allarme di questi giorni ha suscitato reazioni emotive sproporzionate e ha contribuito però a distrarre dalle domande più profonde, dal percepire inquietudini nel confronto con l’abisso, con lo smarrimento di fronte all’insensato, alla tragedia incomprensibile del soffrire e del morire. Le reazioni che ho potuto constatare in questi giorni hanno generato enormi paure per cose piccole, hanno suscitato desideri meschini che hanno soffocato grandi desideri e paure veramente spaventevoli. Q ualche volta sembrava che la cosa più importante fosse: "Ah se avessi il frigo pieno, per non pensare al vuoto che ho dentro il cuore. Ah se avessi un rimedio palliativo per non pensare all’insidia mortale che mi atterrisce". Oltre la banalità siamo chiamati a confrontarci con l’abisso impenetrabile e insieme siamo chiamati ad andare oltre la banalità nel formulare le nostre attese. Oltre la banalità noi contempliamo a quale altezza siamo chiamati, quanto è grande il mistero di Dio di cui siamo resi partecipi".
*Arcivescovo di Milano