Milano – Pfas è l’acronimo di Sostanze perfluoro alchiliche, un gruppo di migliaia di sostanze chimiche di sintesi prodotte dalle industrie. La loro presenza nelle acque lombarde è stata rilevata a livelli preoccupanti dagli esami effettuati dal 2018 dalle Ats lombarde, esami i cui risultati sono stati messi insieme in un report da parte di Greenpeace Italia. E non è una bella notizia.
Pericolo per la salute dell’uomo
I PFAS sono notevolmente pericolosi per noi e per l’ambiente. L'esposizione a queste sostanze è stata associata a una serie di effetti negativi sulla salute. Problemi alla tiroide, danni al fegato e al sistema immunitario, riduzione del peso alla nascita dei neonati, obesità, diabete, elevati livelli di colesterolo e riduzione della risposta immunitaria ai vaccini, diabete gestazionale, impatto negativo sulla fertilità, oltre che alcune forme tumorali come il cancro al rene e ai testicoli. Sono le persone fragili, i bambini e le donne incinte a pagare il prezzo più alto dell’esposizione a queste sostanze.
Dove si trovano
I PFAS sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Si trovano nei cosmetici, nei capi di abbigliamento impermeabili, nelle padelle antiaderenti, negli imballaggi in carta. Presenti in numerosissimi prodotti di uso comune, ma anche protagonisti di diversi processi industriali. Le loro proprietà e caratteristiche chimiche hanno conseguenze negative sull’ambiente e a causa della loro persistenza e mobilità, questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative negli ecosistemi e negli organismi viventi.
Pericolosi ma non vietati
I Pfas sono ampiamente utilizzati grazie al fatto che in Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l'utilizzo. Ma vi è di più: nonostante diverse nazioni in Europa (Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia) abbiano chiesto di vietarne uso e produzione, e in Veneto ci sia il più grave caso di contaminazione da PFAS del continente europeo, in Italia queste sostanze non sono attualmente inserite tra i parametri da monitorare nelle acque destinate al consumo umano. Inoltre, nei casi in cui vengono eseguite delle indagini, i parametri di riferimento sono quelli stabiliti dal Ministero della Salute nel 2014, che però non sono a tutti gli effetti dei limiti di legge nazionali. Finora, quindi, è stata effettuata una ricerca discrezionale da parte dei gestori e delle ATS che diventerà obbligatoria solo nei prossimi anni grazie al recepimento delle Direttiva comunitaria 2020/2184 con Decreto Legislativo n. 18 del 23 febbraio 2023. In poche parole, gli enti gestori delle acque al momento non sono obbligati a verificarne la presenza nei nostri acquedotti. Eppure, diversi enti pubblici lombardi da qualche anno hanno iniziato a monitorare queste sostanze pericolose, seppur attraverso analisi a campione.