Milano – “Sono lieta che il Governo abbia voluto velocemente riempire un vuoto legislativo”. Si affida a una nota alle agenzie di stampa e non a stories sui suoi profili social, Chiara Ferragni, per commentare il “disegno di legge Ferragni” a cui il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera oggi per disciplinare con regole chiare le attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali. Un campo in cui, suo malgrado, l’imprenditrice cremonese è diventata una protagonista, seppure in negativo, dopo la maxi multa dell’antitrust alle sue aziende e l’indagine per truffa aggravata per la vicenda Balocco rosa (e non solo).
Le parole di Chiara Ferragni
“Quanto mi è accaduto mi ha fatto comprendere come sia fondamentale disciplinare con regole chiare le attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali. Questo dl consente di colmare una lacuna che da una parte impedisce di cadere in errore, ma dall'altra evita il rischio che da ora in poi chiunque voglia fare attività di beneficenza in piena trasparenza desista per la paura di essere accusato di commettere un'attività illecita”.
Cosa prevede il ddl Ferragni
Multe fino a 50mila euro per la violazione delle nuove norme del cosiddetto ddl Ferragni sulla trasparenza della commercializzazione dei prodotti i cui proventi vadano in beneficenza. Lo ha sottolineato il ministro per le Imprese Adolfo Urso al termine del Cdm che ha approvato il disegno di legge di "quattro articoli" che adesso passa al Parlamento.
Tra le disposizioni, oltre a sanzioni fino a "50 mila euro", anche l'obbligo per i produttori "di riportare sulle confezioni le informazioni tra le quali l'importo destinato alla beneficenza se predeterminato", ha spiegato. Il ddl stabilisce inoltre che produttori e professionisti comunichino all'Antitrust l'attivazione di questa attività promozionale e il termine entro cui è stato effettuato il versamento dell'importo.
L’inchiesta
Come una valanga, che si ingrandisce mano a mano che scende, la vicenda del pandoro Balocco sta – andando indietro nel tempo e nelle adv – sta diventando sempre più complessa e articolata. Si estende infatti anche alla bambola venduta online, per raccogliere fondi a sostegno dell'associazione no profit americana “Stomp Out Bullying”, l'inchiesta della Procura di Milano su Chiara Ferragni.
L'influencer è stata iscritta nel registro degli indagati, per l'ipotesi di truffa aggravata, non solo per la vicenda del pandoro Pink Christmas della Balocco, ma anche per quella delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e per l'iniziativa della mascotte di stoffa con le sue sembianze: una "limited edition” lanciata sul mercato dall'imprenditrice nel 2019.
Filtrano ulteriori particolari dell'indagine che, come già si sapeva, intende far luce su tutte le campagne della Ferragni in cui ci sono riferimenti a una attività di beneficenza. Particolari che emergono anche dall'atto con cui la Procura milanese, la scorsa settimana, ha sollevato davanti al pg della Cassazione il conflitto tra pm sulla competenza ad indagare per il caso del dolce natalizio dell'azienda che ha sede in provincia di Cuneo.
Proprio nelle pieghe della memoria inviata a Roma si è scoperto che sono stati indicati anche gli altri due casi su cui sono stati accesi i riflettori dai pm milanesi, ossia quello delle uova di cioccolato e quello della bambola, in realtà chiamata "Mascotte Chiara Ferragni”, prodotta in collaborazione con Trudi, l'azienda friulana acquisita nel 2019 dalla Giochi Preziosi, con sede legale a Milano. Società quest'ultima che, a differenza delle altre due, non ha alcun amministratore allo stato indagato.
La replica del Codacons
A stretto giro di posta il Codacons ha commentato, con parole molto dure, le dichiarazioni di Chiara Ferragni: “Sono 'aberranti' e dimostrano come l'influencer non abbia minimamente compreso la gravità delle sue azioni”. Secondo il Codacons “la Ferragni farebbe meglio a tacere e a chiedere scusa agli italiani”, perché “parlare di mero 'errore' dinanzi a un illecito accertato dall'Antitrust con una multa da un milione di euro, e a indagini a tutto campo della magistratura per quello che i pm definiscono un 'sistema' ripetuto nel tempo per sfruttare la beneficenza a fini di profitto, è semplicemente vergognoso, e dimostra come l'influencer non abbia compreso il significato di truffa aggravata, e sia convinta che tutto possa essere ricondotto a un leggero e insignificante errore”.
"Dovremo a questo punto chiedere misure cautelari a suo carico come l'inibizione di qualsiasi attività commerciale e il sequestro dei suoi social per evitare che compia altri illeciti”, conclude il Codacons.