BEATRICE RASPA
Cronaca

Delitto di Temù, nella mente degli assassini: Mirto e le sorelle Zani? “Più intelligenti della media”

Gli psichiatri: piena capacità di intendere. Il movente? "Questioni economiche"

Laura Ziliani la 56enne ex vigilessa di Temù

Brescia, 19 settembre 2023 – Si avvia a conclusione il processo per l’omicidio di Laura Ziliani, la 56enne ex vigilessa di Temù uccisa dalle figlie, Silvia e Paola Zani, e dal fidanzato della prima (che aveva una relazione anche con la seconda) Mirto Milani.

Era l’8 maggio 2021. Ieri davanti alla Corte d’Assise hanno preso la parola il perito e i consulenti psichiatrici, chiamati a pronunciarsi sulla condizione mentale del cosiddetto “trio criminale“, che nel corso delle scorse udienze si è sbriciolato, con la rottura in aula tra fidanzati. "Silvia Zani aveva, e ha, piena capacità di intendere e di volere. Nessuno ha patologie psicotiche. Piuttosto, un’intelligenza superiore alla norma" ha dichiarato il perito, lo psichiatra Giacomo Filippini.

Silvia e Paola sono entrambe persone con una "socializzazione difficile, caratterizzate da immaturità adolescenziale e insicurezza", aspetti che sono andati a incastrarsi con "il forte bisogno di approvazione" di Milani, che si è sempre sentito la pecora nera della famiglia, realizzato solo a metà. Le sorelle vivevano un rapporto con la mamma non facile, e le dinamiche sono esplose dopo la morte del padre delle ragazze, nel 2012 travolto da una valanga: "La madre progressivamente si era concentrata su Lucia (la seconda figlia, disabile, ndr , mai coinvolta dall’indagine) e non era una figura supportiva, non offriva approvazione e veniva vissuta come giudicante".

Di qui un odio e un rancore progressivo: "Silvia e Paola hanno vissuto la madre come colei che era riuscita nella vita, mentre loro erano figlie sgradite. In un contesto di anaffettività l’unico legame significativo ed esclusivo che avevano costruito era quello con Milani". È la nascita del “trio“, un rifugio dal mondo esterno, la famiglia alternativa e, stando al perito, non una perversione sessuale.

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I tre hanno raccontato di avere ucciso perché convinti che Ziliani volesse avvelenarli. Per Filippini è "ben difficile da parte loro, in assenza di patologie deliranti, tutte persone che fanno andare molto la testa, un esame di realtà così grossolano. Piuttosto, era una tesi difensiva preordinata. Trovo verosimile che non ci fosse un unico movente all’omicidio. Quello economico ritengo sia stato quello prevalente, ma è stato tenuto sottotraccia in quanto ripugnante. In ogni caso la chiave di lettura (dell’avvelenamento, ndr ) funzionava come una password per partecipare al gruppo. Ognuno a turno si dissociava, ma poi non voleva perdere la propria posizione".

Concordi i consulenti di parte, che pure hanno operato dei distinguo nella lettura dei profili psicologici e delle dinamiche. Per Nicola Poloni, psichiatra della difesa, i singoli sono sì capaci di intendere e di volere ma hanno sviluppato una "personalità psicotica di gruppo". E ancora: "La confessione di Mirto ha significato la rottura del trio, dopodiché ognuno ha preso la propria strada. Il movente economico non è prioritario. Da parte di tutti è in corso un processo di rivisitazione critica sui propri pensieri alla base dell’omicidio". Il pm Caty Bressanelli però ha fatto presente che in due anni di psicoterapia gli imputati non hanno mai chiesto scusa. Si prosegue il 26 settembre con la discussione.