L’onda lunga delle grandi dimissioni non sembra arrestarsi. Dopo il Covid, continuano ad essere tanti i lavoratori che lasciano il posto di lavoro, anche a tempo indeterminato. Per fare cosa? Probabilmente l’elevata offerta a fronte di una disponibilità di lavoratori che sembra essere insufficiente in praticamente tutti i settori sta favorendo la mobilità dei lavoratori.
Emblematici, però, i numeri: all’ufficio vertenze della Cisl di Brescia segnalano, ad esempio, che da gennaio a giugno si sono presentati ben 913 lavoratori per chiedere assistenza nella procedura di presentazione di dimissioni volontarie online: 152 al mese, 5 ogni giorno.
Il fenomeno è esploso nel 2021, subito dopo il lockdown, tanto che si è parlato di un “effetto Covid”, legato alla volontà di cambiare vita dopo che l’esperienza della pandemia ha stravolto le priorità nella gestione del tempo.
Cosa è accaduto due anni dopo? I dati Inps relativi ai primi tre mesi del 2023 dicono che c’è una leggera flessione nel numero di dimissioni rispetto allo stesso periodo del 2022, ma che siamo ancora a livelli nettamente superiori al pre-Covid. Guardando alla Lombardia, tra gennaio e marzo ci sono state 120mila dimissioni, di cui 74.447 da posti con contratto a tempo indeterminato. Rispetto al 2022, si tratta di circa 4mila dimissioni in meno: la flessione è distribuita in maniera abbastanza lineare tra le diverse tipologie di contratto, ma si registra un aumento nel 2023 per quanto riguarda i contratti stagionali.
Tra le province, Sondrio, Cremona e Pavia sono in controtendenza perché registrano un aumento di dimissionari nel primo trimestre 2023 rispetto allo stesso periodo di un anno fa (nel tempo indeterminato più fuoriuscite anche per Lodi e Mantova).
Rispetto al 2022, però, nel 2023 in molti territori si registra un leggero incremento del peso delle dimissioni dai tempi indeterminati: nella provincia di Sondrio, ad esempio, le dimissioni da contratti a tempo indeterminato erano il 51,98% del totale, mentre nel 2023 sono diventate il 54,5%. Il confronto con il 2019, invece, evidenzia come si sia ancora lontani dai livelli pre-Covid.