ARNALDO LIGUORI
Cronaca

Droga in Lombardia, dal boom della cocaina tra i giovani all’ascesa della ‘ndrangheta

Dati e consumi di stupefacenti nella regione prima in Italia per numero di operazioni antidroga e sequestri, dove il crimine organizzato si diffonde sempre di più

La Lombardia è la prima piazza di spaccio di droga (Illustrazione di Arnaldo Liguori)

La Lombardia è la prima piazza di spaccio di droga (Illustrazione di Arnaldo Liguori)

Come arriva la droga in Lombardia non è un mistero. Parte dall’Asia e dal Sud America, giunge via mare nei porti italiani (primo fra tutti lo scalo calabrese di Gioia Tauro), percorre le autostrade e infine arriva nei magazzini lombardi gestiti dal crimine organizzato. Da lì, viene distribuita da migliaia di piccoli spacciatori nelle piazze, nei parchi, vicino alle scuole.

La Lombardia è il primo mercato nazionale del traffico di stupefacenti. Qui viene sequestrato un sesto della droga intercettata in Italia e si regista la maggiore incidenza di minorenni e di stranieri segnalati per spaccio. Con queste premesse non sorprende che sia la prima regione per numero di tossicodipendenti in cura (quasi 19 mila).

Chi sono i consumatori in Lombardia

Secondo uno studio del 2016, circa il 13 per cento dei lombardi fa, almeno saltuariamente, uso di droghe. La metà dei consumatori sono ragazzi dai 16 ai 24 anni, i restanti hanno quasi tutti meno di 55 anni. In alcuni casi, si sono registrati casi di tossicodipendenza tra minori di 10 anni.

Il giro dello spaccio, bloccato in parte dalla pandemia, è tornato a crescere molto rapidamente. Un indice di questo fatto è la quantità di merce sequestrata in Italia, che nell’arco di un anno è aumentata del 113 per cento, passando dalle 5,9 tonnellate del 2020 alle 12,6 del 2021.

Le droghe più diffuse nella regione

L’uso di droga, in quanto attività illegale, è molto difficile da stimare. Se l’utilizzo di droghe leggere come cannabis e marijuana è generalmente maggiore, quello su cui l’autorità giudiziaria pone maggiore attenzione è quello delle droghe pesanti. Premesso ciò, tra le sostanze sequestrate in Lombardia domina la cocaina, seguita di poco dall’hashish e poi dalla marijuana e dall’eroina.

La Lombardia, in particolare, sembra avere un problema con la cocaina, una delle più comuni e potenti sostanze stimolanti. Circa 120 mila lombardi fanno uso di cocaina (1 su 50) e tra i giovani, in particolare, la diffusione ha superato quello dell’eroina. A livello nazionale, ne circola sempre di più e il protagonista di questo giro si chiama ‘ndrangheta.

Il ruolo cruciale della 'ndrangheta

A dominare il traffico italiano degli stupefacenti in Lombardia è la ‘ndrangheta. L’organizzazione mafiosa calabrese è in ascesa da oltre un decennio: è l’unica mafia al mondo presente in cinque continenti, controlla i maggiori depositi di stoccaggio di droga d’Europa ed è la più influente nel traffico della cocaina proveniente dal Sud America.

Il suo fatturato annuo è stimato a 53 miliardi di euro: se fosse uno Stato, sarebbe il 70° più ricco del mondo. Si contano circa quattromila cosche diffuse in oltre trenta nazioni e circa 60 mila affiliati. E quello della droga è il principale degli affari della ‘ndrangheta. Come ha riassunto il giornalista Michele Albanese, che da otto anni vive sotto scorta, “oggi nel mondo chi vuole cocaina deve parlare con i calabresi”.

In Lombardia è parecchio tempo che non si parla più di “infiltrazione” della ‘ndrangheta, ma di “radicamento”, cioè di una presenza stabile, costante e integrata nel tessuto politico, sociale ed economico. Da tempo, l’autorità giudiziaria ha accertato la presenza “inequivocabile” di cosche – ‘ndrine in gergo – a Milano, Bollate, Cormano, Pavia, Corsico, Mariano Comense, Seregno, Giussano, Desio, Rho, Pioltello, Legnano, Erba, Bresso, Limbiate, Canzo, Solaro, Fino Mornasco, Cermenate e Calolziocorte.

Nel rapporto dell’Antimafia si legge che “tra le condizioni di contesto che hanno consentito il radicamento della ‘ndrangheta in Lombardia vi è la disponibilità del mondo imprenditoriale, politico e delle professioni (cioè il cosiddetto capitale sociale della ‘ndrangheta) ad entrare in rapporti di reciproca convenienza con il sodalizio mafioso”.