Brescia, 14 ottobre 2024 – Inquinanti a livelli record nella falda sotto lo stabilimento industriale della Caffaro. E il timore è che, con le piogge dell’ultimo mese, la falda possa alzarsi ulteriormente fra tre o quattro mesi, incrociando ancora il terreno impregnato dei veleni sversati in 50 anni dall’azienda, con effetti tutti da scoprire.
L’emungimento, ovvero l’operazione di togliere acqua per tenere bassa la falda, è stato già portato al massimo, a 1.350 mc all’ora rispetto agli 800 canonici, ma non si può fare di più perché la roggia Fiumicella, dove viene scaricata l’acqua emunta, non potrebbe accoglierne di più. «Abbassare la falda non è fattibile all’infinito, vanno tolte le sorgenti», è la conclusione di Enrico Alberico, che nel dipartimento bresciano di Arpa si occupa di Caffaro. Bonificare è l’unica strada e, la buona notizia, è che i lavori per rimuovere gli inquinanti dal sito industriale, cuore del Sin, partiranno a fine anno, massimo gennaio. Ci vorrà tempo, però, per poter rimuovere le fonti di contaminazione che incombono sulla falda sotterranea. Nel frattempo bisogna gestire l’ordinario e lo straordinario, come, appunto, l’innalzamento della falda.
Le analisi
Le analisi di giugno hanno rilevato valori record per molti inquinanti: il mercurio è stato trovato in concentrazioni di 149 microgrammi/litro a fronte del limite di 1; 2.547.802 i clorati, per i quali si considera un valore limite di 250; 2.573 per il cromo VI (5 il limite); 2.587 i valori dell’arsenico; per la prima volta, trovato anche il boro.
“Il livello della falda non è stato il massimo in assoluto, ma ha consentito la mobilitazione di sostanze”, ha spiegato Alberico, nell’assemblea organizzata dal Consiglio di quartiere di Chiesanuova, che ha riunito il commissario straordinario Mauro Fasano, Arpa, Ats, Comune, Greenthesis come capofila del gruppo di imprese che si occuperà della bonifica. Rimuovere i veleni è l’unico modo per chiudere la ferita lasciata dall’azienda di via Milano, che ha smesso la produzione di Pcb nel 1983, lasciando un inquinamento che, per complessità e vastità, è un caso internazionale.
I pozzi
Urgente l’attivazione di due ulteriori pozzi, l’8 ed il 9, della barriera idraulica da parte di Caffaro Brescia in liquidazione (azienda che non è responsabile dell’inquinamento storico, ma che ha lavorato nello stabilimento fino a un paio di anni fa), che è stata sollecitata anche nei giorni scorsi dal ministero dell’Ambiente. Per ora, i monitoraggi di Ats sulle acque non hanno ravvisato problemi per l’acqua potabile. Anche le indagini epidemiologiche fino ad ora non hanno evidenziato correlazioni tra l’esposizione e patologie tumorali, «ma la latenza è lunga», evidenzia Claudio Sileo di Ats Brescia.