La fredda, lucida e brutale uccisione di Giulia Tramontano da parte del compagno Alessandro Impagnatiello e la modalità con cui lui si è liberato del corpo della giovane e del bambino di sette mesi che portava in grembo, mostrano una tale sopraffazione dell’uomo verso la donna che si è imposta, fin da subito, la parola “femminicidio”. Appena quattro giorni dopo la morte di Giulia, un’altra donna, la poliziotta Pierpaola Romano, è stata uccisa dal collega Massimiliano Carpineti, che secondo le ipotesi degli inquirenti non accettava la fine della loro relazione.
Dall’inizio dell’anno, in Italia, sono state uccise 47 donne: 39 di loro sono morte per mano di un uomo con cui avevano un legame familiare o affettivo. Una ogni quattro giorni. Storicamente, non è sempre stato così: lo confermano i dati dell’Istat. Nel 2005, la percentuale di donne uccise che conoscevano il loro assassino era il 66%, oggi è il 94%. È in atto, insomma, un cambiamento storico e culturale che richiede interventi soprattutto nei contesti familiari.
Delitti irriducibili
C’è un fatto incontestabile che fa dei femminicidi un fenomeno sociale: gli autori degli omicidi delle donne sono prevalentemente uomini. E questo, secondo molti giuristi, è sufficiente per riconoscere a livello legale una differenza propria della condizione femminile che impone “specifiche garanzie sessuate”. Tanto più che questi delitti non sembrano conoscere crisi.
Sempre secondo i dati dell’Istat, infatti, negli ultimi trent’anni il numero di uomini vittime di omicidio volontario è crollato (da 4,0 a 0,6 ogni 100.000 abitanti). Invece, il numero di donne uccise è diminuito a ritmi molto lenti (da 0,6 a 0,4), fino a stabilizzarsi dal 2014. Anzi, negli ultimi anni è leggermente aumentato.
Cos’è il femminicidio
La doppia dimensione del fenomeno, quella sociale e quella personale, si riflette nell’uso del termine “femminicidio”. Esiste tutt’oggi, in Italia, un dibattito che riguarda i limiti di applicazione della parola e il suo significato. Da una parte, ci sono coloro che vorrebbero limitarlo – per usare una definizione del dizionario Treccani – ad una “uccisione diretta o provocata” di una donna da parte di un uomo.
Dall’altra, c’è chi usa il termine per indicare – e qui, di nuovo, la Treccani – “tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica), che possono culminare nell’omicidio”. In questa seconda accezione, la sociologia ha iniziato a parlare di “femminicidio” – al singolare – proprio in quanto “annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale”.
Soluzioni culturali
Come ricordano molti teorici e giuristi della violenza di genere, non è solo alla difesa della donna che la società deve indirizzare il suo messaggio, ma soprattutto – per usare le parole del giudice Fabio Roia – nel fare “capire agli uomini che non devono aggredire e insultare le donne, che devono rispettare la loro autonomia, la bellezza della loro diversità e accettare la possibilità che i legami vengano interrotti anche in modo unilaterale”. Insomma, il cambiamento paradigmatico necessario perché le cose cambino deve partire dagli uomini.
Cosa fare in caso di pericolo
Le autorità consigliano alle donne in pericolo di chiamare il 112, senza esitare o rimandare. È sempre fondamentale in caso di caso di aggressione fisica o minaccia di aggressione fisica, se si è vittima di violenza psicologica, se si sta fuggendo con i figli (eviti in questo modo una denuncia per sottrazione di minori), se il maltrattante possiede armi.
Per i casi di violenza e stalking esiste anche il numero 1522: è gratuito sia da rete fissa che mobile ed è attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno. L’accoglienza risponde nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. L'App 1522, disponibile su IOS e Android, consente alle donne di chattare con le operatrici. È possibile chattare anche attraverso il sito ufficiale del numero anti violenza e anti stalking 1522. Volendo è possibile chiamare anche l’Unione nazionale vittime al 348 240 1371.
Cosa fare dopo una violenza
Se si è vittima di violenza sessuale è importante chiamare i soccorsi e recarsi il prima possibile al Pronto Soccorso. I medici, oltre a fornire cure necessarie potranno mettere la vittima in contatto con il supporto psicologico ed eventualmente prelevare campioni che saranno fondamentali in sede legale.
In ospedale vengono fatti degli esami di laboratorio di routine, come prelievi del sangue, test di gravidanza, esami tossicologici, test per infezioni sessualmente trasmissibili e HIV, prelievo del DNA e di campioni biologici. Potrebbero anche essere prescritti antibiotici, vaccini e pillola del giorno dopo.
Dopodiché, sta alla donna decidere se andare in un posto di polizia per fare denuncia, chiamare il 1522 o andare in uno dei tantissimi centri antiviolenza attivi su tutto il territorio nazionale.