Milano, 43 anni fa l'omicidio di Giorgio Ambrosoli: chi era e perché è stato ucciso

La sera dell'11 luglio 1979 il liquidatore della Banca Privata Italiana viene freddato sotto casa da un killer di Sindona. Alle 22 fiaccolata in suo ricordo

1979 – Viene ucciso Giorgio Ambrosoli

1979 – Viene ucciso Giorgio Ambrosoli

Era la sera dell'11 luglio 1979, una sera trascorsa in casa a vedere la boxe con gli amici. Poi la decisione riaccompagnarli a casa in macchina, questione di pochi minuti e il ritorno in via Morozzo della Rocca 1, zona Sant'Ambrogio, cuore della borghesia di Milano. Qui un uomo si avvicina: "Il signor Ambrosoli?". "Sì". "Mi scusi signor Ambrosoli". Quattro colpi di pistola al petto con una 357 Magnum mettono fine alla vita di Giorgio Ambrosoli, a soli 44 anni. 

Chi è stato Giorgio Ambrsoli

Ci affidiamo alle parole del collega Mario Consani che così lo ha descritto in un articolo sul Giorno: "Un professionista onesto la cui unica colpa era quella di svolgere con competenza il delicato compito, conferitogli dal governatore della Banca d’Italia Guido Carli, di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, la banca di Michele Sindona. Quando il sicario lo raggiunse sul portone di casa, la sorte di Ambrosoli era segnata da tempo e il primo a saperlo era lui", come scrisse in una lettera alla moglie poco prima del suo omicidio"  "Non era certo un sovversivo l’avvocato Ambrosoli - ancora Consani - ma un moderato di simpatie monarchiche che non aveva mai vissuto fino a quel momento la politica in prima persona. Però mettere le mani nel crac da 400 miliardi di un banchiere che solo pochi anni prima Giulio Andreotti aveva gratificato del titolo di «benefattore della lira», non poteva che risultare impresa ad altissimo rischio, visto l’intreccio di interessi - dalla mafia alla P2, dallo Ior alla politica - che l’avvocato Ambrosoli andava a intaccare. Un’impresa da eroe borghese, come lo definì Corrado Stajano".

"Assunto l’incarico di commissario liquidatore, cominciò a scoprire piano piano la rete di protezione e i segreti del banchiere siciliano amico dei potenti. Più l’avvocato dimostrava che le banche di Sindona erano vicine all’insolvenza, più certi suoi amici come Licio Gelli e altri ancor meno presentabili facevano pressioni sul presidente Andreotti affinché al «benefattore» venissero risparmiati guai finanziari e giudiziari. «Ho dovuto pestare i piedi a troppa gente che sta nel Palazzo», rispose una volta Ambrosoli a un giornalista. A saldare il conto provvide per 25mila dollari William J. Aricò, con quei quattro colpi di pistola e le sue mezze scuse mentre premeva il grilletto". 

La condanna di Sindona

Con la scoperta della carte della Loggia P2 nella casa di Licio Gelli in Toscana, arriva la conferma del ruolo della loggia massonica nelle manovre per salvare Sindona. Il 18 marzo 1986, a Milano, il banchiere siciliano Michele Sindona - cui Ambrosoli non voleva fare sconti affinché non fossero tutti i contribuenti a pagare il crac della Banca Privata ma solo il vero responabile - viene condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio dell'avvocato milanesei. Due giorni dopo viene trovato morto in cella per avvelenamento da cianuro. 

Il ricordo

Questa sera alle 22 in via Morozzo della Rocca 1, dove Ambrosoli è stato freddato, si terrà l'iniziativa di Libera "Dal dolore all'orgogliò, fiaccolata per Giorgio Ambrosoli" con i familiari, la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi e altri esponenti della politica e della società civile milanese.