RICCARDO JANNELLO
Cronaca

La Giornata della Terra 2025 e una foresta amazzonica in bilico tra incendi (meno di prima) e resistenza indigena

Qual è lo stato di salute del polmone verde del nostro pianeta? Bilancio tra luci e ombre, dopo la fine degli anni difficili di Bolsonaro. La buona notizia? L’inizio di quest’anno è stata caratterizzato da un numero inferiore di roghi

Veduta aerea della foresta amazzonica

Veduta aerea della foresta amazzonica

Quando si parla di ambiente e della nostra Terra, in occasione della Giornata mondiale della Terra che cade il 22 aprile, uno sguardo importante viene rivolto alla foresta amazzonica, polmone verde della natura e anche luogo nel quale vive una serie di tribù indigene che combattono per la salvezza loro e di ciò che le circonda. Alcune di queste tribù non hanno alcun contatto con il resto dell’umanità e ne abbiamo notizia solo per qualche casuale e fuggevole incontro e per le riprese che il Fondo statale per gli indigeni realizza con telecamere nascoste fra gli alberi. In Amazzonia le tribù incontattate sono in numero maggiore rispetto a tutto il resto del pianeta.

Gli anni difficili con Bolsonaro

Ma come sta la foresta e il governo brasiliano – sul cui territorio insiste più del sessanta per cento dei sei milioni e settecentomila chilometri quadrati totali – che cosa sta facendo per preservarla? Gli anni dei disastri combinati dall’ex presidente Jair Bolsonaro sono passati, ma da Luiz Inacio Lula da Silva ci si aspetta sempre qualcosa di più di un semplice mantenimento dello status quo. Con Bolsonaro i cercatori d’oro, i tagliatori di alberi, i narcotrafficanti che spianano le aree per fare atterrare i velivoli che trasportano coca, gli allevatori senza scrupoli hanno contribuito a un disboscamento feroce – e a una contaminazione dei corsi d’acqua pericolosa per la salute - in nome dei soldi e facendo pagare un duro tributo di vite umane.

Le vittime 

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La storia più emblematica è stata quella – a giugno 2022, poco prima della fine del mandato di Bolsonaro - di un giornalista di inchiesta britannico e della sua guida, un fervente ambientalista e studioso brasiliano, vale a dire Dom Philips e Bruno Araujo Pereira, “inghiottiti” dalle acque limacciose del rio Itacoai, uno degli affluenti più lunghi del rio delle Amazzoni, fra Sao Rafael e Atalaia do Norte dove stavano compiendo una ricerca per una Ong americana proprio sull’attività dei narcos e delle attività illecite di caccia e pesca nella zona.

Migration

Né il giornalista né l’ambientalista erano le prime vittime: in tutti rimane ancora viva la figura di Chico Mendes, raccoglitore di caucciù e poi sindacalista e politico ucciso il 22 dicembre 1988 a Xapuri da due proprietari terrieri con i quali si era scontrato sulla licenza che chiedevano per estrarre minerali. Alle colpe dell’uomo – dietro le quali c’è sempre stato un movente economico - non ha dato certo mano la natura stessa, con una serie di incendi che negli anni hanno devastato il patrimonio non solo amazzonico ma in tutto i Brasile, terra nella quale foreste, tundre e savane si estendono per oltre metà del Paese.

Gli incendi nella foresta

Foresta amazzonica (Dire)
Incendio nella foresta amazzonica (Dire)

Fortunatamente, nei primi tre mesi del 2025, l’estensione di tutte le aree colpite dagli incendi nel Paese ammontava a “soli” 912,9mila ettari: rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, in cui erano stati censiti 2,1 milioni di ettari, si è registrata quindi una riduzione del 70% del territorio nazionale interessato dagli incendi. Almeno in questo una notizia meno drammatica. Soprattutto confrontando i dati del 2024 quando, per esempio, l’Amazzonia aveva fatto registrare il dato di incendi più alto da 17 anni a questa parte, vale a dire circa 140mila roghi, controllati o no; solo nel 2007 erano stati di più, ovvero poco più di 186mila.

Come sta ora la foresta amazzonica?

Ma come sta ora la foresta amazzonica? Le licenze di estrazione senza controllo rilasciate da Bolsonaro sono state in parte bloccate dal governo Lula, che però è in carica dal 1° gennaio 2023 e che ha al suo interno, per potere governare, anche forze liberali non completamente ambientaliste. Le battaglie che Lula aveva fatto anche durante i suoi primi mandati non sempre avevano trovato completa adesione nei Verdi brasiliani: i suoi contrasti con Marina Silva avevano fatto decidere alla discendente indigena – nativa dello stato di Acre nel centro della foresta - di dimettersi da ministro del “Meio-Ambiente”, carica che ora è tornata a ricoprire dopo molti chiarimenti alla nascita del terzo governo dell’ex operaio.

Migration

La sponda internazionale a Lula sui problemi dell’ambiente è sempre venuta da intellettuali e artisti di ogni parte del mondo. Sting è un fervente ambientalista ed è stato protagonista del “dia da terra” più volte durante la presidenza Bolsonaro. Uno scatenato attivista è stato Leonardo Di Caprio che ha parlato addirittura all’Onu contro l’ex militare tanto che l’attore è stato dichiarato “persona non gradita” dalle autorità di Brasilia. Almeno Lula ha rimesso in piedi in modo credibile il Funai, la Fundaçao Nacobal dos Povos Indigenas, che Bolsonaro aveva messo in mano a un... disboscatore.

La deforestazione

I dati ultimi della deforestazione sono ancora difficili da interpretare: se è vero che dopo il picco del 2021, quando ne sono spariti 10.476 chilometri quadrati, c’è stato un calo, lo scorso luglio si è verificato di nuovo un aumento del 33% che ha bilanciato la diminuzione in un anno del 45,7%. Dal 1977 a oggi la foresta è calata del 17%: il dato che viene considerato la dead line del pericolo è il 25% della superficie; si raggiungesse tale limite, l’Amazzonia potrebbe diventare in pochi decenni – secondo gli esperti – una savana arbustiva con conseguenze devastanti per la biodiversità e il clima mondiale. Perché quando si parla di foresta amazzonica si pensa agli alberi e alle sessantamila specie di piante, ma non bisogna dimenticare che ci vivono almeno 128mila specie di invertebrati fra cui 2,5 milioni di insetti, 427 di mammiferi, 400 di anfibi, 378 di rettili; le sue acque sono popolate da 3.000 specie di pesci e ci volano 1300 specie di uccelli, un quinto di tutti quelli presenti sul pianeta. Una popolazione che garimpeiros, seringueiros, narcos e proprietari terrieri stanno mettendo a rischio.

Le tribù in pericolo

E non è da meno il pericolo per l’uomo e soprattutto per le tradizioni delle tribù: ne sono sopravvissute almeno 240 con circa 1,7 milioni di persone stimate. L’ultima denuncia di violenza è del 10 aprile a opera della deputata federale Célia Nunes Correa, appartenente al popolo Xakriabá ed esponente di sinistra del Partito per il Socialismo e la Libertà: partecipava alla marcia di protesta di Acampamento Terra Livre a Brasilia quando sarebbe stata attaccata – lei e altre - con spray al peperoncino e spinta dalla polizia perché indossava gli abiti tradizionali della sua tribù.

“In quanto donna indigena che indossa abiti tradizionali e si dipinge il corpo – ha spiegato dopo avere inviato la sua protesta al governo - è stato un chiaro bersaglio di delegittimazione e ostilità. La violenza che abbiamo subito non è stata solo fisica. Porta con sé il peso del razzismo, del sessismo e del colonialismo che insiste nel negare la legittimità di una donna indigena che occupa posizioni di potere. Indossare un copricapo, truccarsi e parlare a nome del nostro popolo non dovrebbe essere motivo di violenza, ma piuttosto di rispetto. Non è solo contro di me. È contro tutte le donne indigene che osano esistere e resistere nello spazio politico". Una denuncia seria della quale Lula non può lavarsi le mani.