
Giovanna Iannantuoni, la prima donna presidente dei rettori
MILANO – È la prima donna al timone della Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, in 60 anni di storia. "E non era così scontato", commenta a caldo Giovanna Iannantuoni, 53 anni, economista e rettrice di Milano-Bicocca, soddisfatta per quel "soffitto di cristallo che sta crollando finalmente giù, a colpi di competenza e gentilezza".
È stata eletta al secondo turno, con 56 voti.
"Sono molto emozionata e grata ai miei colleghi, che mi hanno affidato questo ruolo così importante e significativo nel sessantesimo anno della Crui. Le competenze vanno oltre al tema di genere, ma essere la prima donna in un mondo ancora molto maschile è un segnale. Credo sia stata la mia visione a convincere: io sono per il cambiamento, per la discontinuità".
Che svolta ha in mente?
"Dobbiamo affermare con forza la grande capacità di innovazione, formazione e ascensore sociale che le università hanno: più della metà dei nostri laureati proviene da famiglie nelle quali sono i primi a ottenere il titolo. L’ascensore funziona ancora, dobbiamo farlo funzionare meglio, combattendo le disuguaglianze. Gli atenei devono essere accessibili a tutti. Serve un investimento culturale e scientifico sui giovani".
Quali sono le priorità?
"Per prima cosa dobbiamo lavorare alla tenuta finanziaria del sistema quando termineranno i finanziamenti del Pnrr. Immediatamente legato a questo c’è il tema del diritto allo studio, della no tax area. Dobbiamo trovare una soluzione a un problema che conosciamo bene, quello delle residenze per studenti. Un altro tema a cui tengo è quello delle riforme: dobbiamo capire come ridisegnare la governance e cambiare la legge Gelmini che regola il sistema universitario, analizzando quello che funziona e che non funziona".
Numero chiuso a Medicina?
"Altro tema da affrontare, ma prima ancora credo ci sia quello delle specialità e quello della fuga dei nostri medici dal Sistema Sanitario Nazionale".
Dopo il rettore del Politecnico Ferruccio Resta, la Crui ha scelto ancora il modello-Milano?
"Il sistema universitario milanese è solido, ma voglio essere chiara: non sono stata eletta in quanto rettrice milanese, ma in quanto portatrice di un’idea di grande unità del sistema accademico, pur nelle differenze tra atenei grandi e piccoli, generalisti e specialisti, del Nord e del Sud. Serve coesione. Lavorerò per questo. Credo che l’università non debba abdicare al suo ruolo di leadership culturale e di innovazione, non deve essere autoreferenziale. Non è una torre d’avorio, deve dialogare anche con le imprese".
Qual è stata la prima telefonata dopo l’elezione?
"Ho chiamato subito Chiaretta (sua figlia, che ha 11 anni, ndr). Era felicissima. Mi ha detto: “Quando mi porti a Roma?“. Anche questo è un segnale che voglio dare, a lei e alle nostre studentesse: possiamo farcela, possiamo portare avanti carriera e famiglia. È importante ricordarlo in un Paese in cui i dati Istat ci dicono che una donna su due lavora: quante idee non realizzate stiamo perdendo".
Oltre al gender gap, c’è la violenza di genere da combattere, anche negli atenei.
"Con i rettori abbiamo ricordato Giulia Cecchettin (la 22enne di Padova uccisa alla vigilia della laurea, ndr) e Sofia Castelli (studentessa di Bicocca ammazzata questa estate sempre per mano dell’ex fidanzato, ndr). Come università abbiamo avviato tante attività e progetti per contrastare la violenza di genere, ma non basta. Serve una riflessione seria per avvicinare ragazze e ragazzi a questi temi".