Milano, 22 novembre 2023 – Due femminicidi, due storie drammatiche accomunate dal nome della vittima. Sono quelle di Giulia Tramontano, la 29enne al settimo mese di gravidanza, uccisa lo scorso 27 maggio con 37 coltellate dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, reo confesso, nell'appartamento in cui la coppia viveva a Senago, hinterland milanese. E quella di Giulia Cecchettin, la studentessa 22enne di Vigonovo, in provincia di Venezia, uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta.
“L'omicidio di Giulia Cecchettin se possibile è stato ancora più violento - dichiara l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, il legale della famiglia Tramontano -. Questo genere di notizie, intollerabili e insostenibili per i cittadini comuni, stanno diventando veramente un peso anche per noi che siamo 'tecnici' e dovremmo avere il callo”.
L'avvocato in questi giorni si è sentito telefonicamente con il legale della famiglia Cecchettin, Stefano Tigani, dell'associazione Penelope, la stessa che a maggio scorso era scesa in campo, con appelli e volantini per ritrovare la 29enne.
Il nome, ma non solo. C'è un'altra similitudine tra le storie delle due Giulie, entrambe hanno scosso l'Italia. “La famiglia di Giulia rivive una tragedia, un dolore ancora fresco”, aggiunge Cacciapuoti. Mamma Loredana, papà Franco, la sorella Chiara e il fratello Mario preferiscono non parlare. In tutti questi mesi hanno scelto di vivere in silenzio il loro dolore. Il prossimo 7 dicembre saranno a Milano per ritirare l'Ambrogino alla Memoria assegnato dal Comune a Giulia. Un attestato importante, ma non basta. Per fermare la violenza contro le donne bisogna intervenire sull'educazione di ragazzi e ragazze.
“Alessandro Impagnatiello e Filippo Turetta sono giovani e scolarizzati, non sono l'anziano cacciatore impazzito o la guardia giurata in pensione, che conserva l'arma - conclude l'avvocato - sono preoccupato come cittadino e come papà di una bimba per una recrudescenza di questi episodi intollerabili e ingiustificabili”. E infine c'è un'altra similitudine nei due femminicidi: due sorelle, Elena Cecchettin e Chiara Tramontano, che fino all'ultimo hanno sperato di trovare Giulia viva, che non hanno mai creduto ad un allontanamento volontario. Ma poi hanno dovuto affrontare un terribile lutto. E chissà ancora per quanto tempo.
Le accuse ad Alessandro Impagnatiello
Il processo per Alessandro Impagnatiello, 30enne, inizierà il 18 gennaio davanti ai giudici della Corte d'Assise. Il barman andrà a processo con rito immediato dopo che il giudice per le indagini preliminari ha riconosciuto tutte le quattro aggravanti, ovvero premeditazione, crudeltà, vincolo della convivenza e futili motivi. Le accuse sono omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. La famiglia di Giulia si costituirà parte civile nel processo, e anche il Comune di Senago, assistito dall'avvocato Antonio Ingroia. Secondo quanto ricostruito dalla pm Alessia Menegazzo, il 30enne “sorprendeva la compagna da tergo colpendola al collo, al dorso e al viso con 37 coltellate, di cui almeno 9 sferrate quando la vittima era ancora viva”. Ma prima ancora di quelle coltellate, secondo quanto emerso dalle indagini del nucleo investigativo dei carabinieri, Impagnatiello “dopo aver svolto già a partire dal dicembre 2022 ricerche via internet circa gli effetti del veleno per topi sull'uomo, faceva ingerire per alcuni mesi all'inconsapevole Giulia del bromadiolone, un potente rodenticida con effetto anticoagulante, intensificandone la somministrazione a partire dal marzo 2023, in un quantitativo tale da raggiungere anche il feto oltrepassando la placenta”. Uccisa nell'appartamento dove la coppia viveva, nascosta nel garage e in cantina per tre giorni, poi abbandonata dietro ad una fila di box, in via Monte Rosa. Giulia e il piccolo Thiago, così si sarebbe chiamato il bambino che portava in grembo.
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