DAVIDE RONDONI
Cronaca

Il ‘Pellegrinaggio’ di Ungaretti, la guerra e il coraggio di vedere oltre le apparenze

Il testo del poeta alla maturità 2024: parole ‘sempre nuove’ per raccontare l’orrore di chi è al fronte

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti

Con Ungaretti non si sbaglia mai. Sia per parlare d'amore, o di natura umana o di dolore. E di guerra. E ora che la guerra si affaccia ancora con il suo viso antico e odierno in varie parti del mondo, si torna a lui, alle sue parole sempre nuove. Alla sua capacità di visione che più di ogni cronaca penetra l'esperienza umana, si rivolge l'attenzione per parlare di guerra in modo adeguato. Cioè non con gli occhi degli analisti, dei politici, dei potenti, che la guardano, la commentano, la usano. Ma con gli occhi tremanti del fante, dell'uomo a terra, strisciante, dell'uomo che deve fare la guerra.

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La poesia è una cronaca del profondo. E senza tale "cronaca" del mistero, la vita resta superficiale. Gli occhi del Giuseppe soldato sono stanchi e pieni di "pena". E tutto sarebbe scoraggiante, penoso se una illusione non muovesse ancora al "coraggio" il desiderio di vita. Ma si badi, il termine "illusione", nel gergo di Ungaretti (e di Leopardi) non indica il vaneggiamento, il farsi delle illusioni, come intendiamo oggi, degli inutili, mezzi sogni vani.

No, "illusione" indica la capacità – che gli antichi avevano – di vedere nella realtà dei segni, delle visioni, di vedere, insomma, non solo le apparenze. E quel "mare" che appare agli occhi del soldato prostrato grazie all'effetto di un faro nelle nebbie, muove qualcosa nel cuore, come fa sempre il mare "fratello" dell'uomo libero, come scrive Baudelaire.

Il poeta "nomade" come si definì Ungaretti qui evoca nel titolo – elemento importante in un testo – il "pellegrinaggio". Sono due volti della vita del poeta e di ogni uomo, due possibilità sempre presenti, tantopiù nel mondo di oggi: una vita come nomadismo, con mutevoli luoghi e radici. Oppure un pellegrinaggio, un passo alla volta verso una sacra destinazione. Ed è un testacoda meraviglioso e profondo l'evocazione di un cammino sacro in una situazione di guerra e cosi tragicamente dissacrante. Forse grazie a poeti come Ungaretti non v'è luogo dove non si veda il mare, fratello dell'anima libera, e forse non c'è nessun strisciare in terra che non possa essere anche pellegrinaggio...