Mentre nella maggioranza di Governo si alza il livello dello scontro riguardo lo Ius Scholae – il disegno di legge che potrebbe dare la cittadinanza italiana agli studenti nati da genitori stranieri – in Lombardia ci sono decine di migliaia di giovani che guardano con speranza al progetto. D’altronde, la realtà quotidiana della scuola è già profondamente multietnica: in qualsiasi paesino e quartiere cittadino gli istituti di ogni ordine e grado sono pieni di classi miste.
Cos’è lo Ius Scholae
Lo Ius Scholae è una proposta di legge che, se approvata dal Parlamento, permetterebbe ai bambini nati da genitori stranieri di ottenere la cittadinanza italiana a patto che abbiamo completato almeno 5 anni di studio, in uno o più cicli scolastici. Sarebbero inclusi tutti i minori nati in Italia e anche quelli arrivati nel Paese prima del compimento di 12 anni di età.
Questa proposta si differenzia dal cosiddetto Ius Soli (diritto di suolo), che concede la cittadinanza a chi nasce sul territorio di un determinato Stato, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori, e dallo Ius Sanguinis (diritto di sangue), in cui la cittadinanza è acquisita in base alla cittadinanza dei genitori.
Quanti sono gli studenti stranieri
In base ai dati del ministero dell’Istruzione e del merito riferiti allo scorso anno scolastico (2022/23), gli alunni stranieri in Lombardia sono 231.819, pari al 17,1 per cento del totale di circa 1,35 milioni. Come percentuale, la regione è superata solo dall’Emilia Romagna, al 18,4 per cento. In numero assoluto, però, le scuole lombarde sono le più multietniche: qui studiano un quarto di tutti i minori stranieri d’Italia.
Di tutti questi studenti senza cittadinanza, circa due su tre sono nati in Italia. In base alla legge vigente, solo coloro che hanno risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese fino al raggiungimento della maggiore età possono divenire cittadini italiani, presentando richiesta entro un anno dal compimento del diciottesimo compleanno all’Ufficio di stato civile del proprio Comune di residenza.
Per coloro che invece sono arrivati in Italia da piccoli, si applica il principio della naturalizzazione. Questo significa che al compimento della maggiore età lo straniero può richiedere la cittadinanza solo a condizione che abbia vissuto in modo continuativo nel paese per almeno dieci anni, e sia in grado di dimostrare un determinato livello di reddito, oltre a soddisfare requisiti piuttosto stringenti riguardanti l’abitazione, la conoscenza della lingua e l’integrazione sociale.
Milano prima nella classifica nazionale
Prima provincia nella classifica nazionale per presenza straniera nelle scuola è proprio il capoluogo lombardo: nella città metropolitana di Milano studiano 82.396 alunni senza cittadinanza italiana e nell’ultimo anno sono aumentati di 2.207 unità. Seguono le province di Roma e Torino con rispettivamente 66.385 e 40.605 presenze. Guardando però alla percentuale di stranieri rispetto agli studenti totale, la città non rientra neanche nei primi dieci posti. Il continente d’origine più comune tra gli alunni milanesi è quello africano (25.116), seguito da quello asiatico (20.963), europeo (19.582) e americano (16.700).
Dove studiano gli alunni stranieri
In Lombardia, nell’anno scolastico 2022/23, la quota maggiore (pari al 37,6 per cento) di studenti senza cittadinanza italiana frequenta le scuole primarie, note anche come “elementari”: sono 87.107 alunni. Seguono le scuole secondarie: 52.008 alle superiori (22,4 per cento) e 51.433 alle medie (22,2 per cento). Infine, il 17,8 per cento degli stranieri frequenta la scuola dell’infanzia: 41.271 alunni in tutto.
La percentuale delle seconde generazioni aumenta a tutti i livelli scolastici, tranne che nelle scuole primarie. Nelle scuole dell'infanzia, 83 alunni su 100 con background migratorio sono nati in Italia; questo numero scende a circa 74 nella scuola primaria, 67 nelle scuole secondarie di primo grado e 48 in quelle di secondo grado.
Il problema del ritardo scolastico
Benché la presenta di alunni stranieri sia diffusa e capillare, il ritardo scolastico rappresenta ancora il principale problema del sistema educativo. Nell’anno scolastico 2021-22, il 25,4 per cento degli stranieri era in una classe non corrispondente alla sua età (tra gli italiani la percentuale è all’8,1 per cento). Nel complesso, il ritardo fra i non italiani si è ridotto nel tempo, ma il ritardo resta ancora molto elevato soprattutto nelle secondarie di secondo grado (le superiori), dove quasi la metà degli studenti di origine immigrata è in ritardo di uno o più anni (48,4 per cento).
Altri due fenomeni che continuano a essere preoccupanti sono l’abbandono precoce degli studi e la lontananza dal sistema di formazione e lavoro. Nel 2022 i giovani che si sono fermati alla scuola secondaria di primo grado erano circa il 28,7 per cento tra gli stranieri, ovvero il triplo degli autoctoni, che scendono al 9,7 per cento.
Non sono, i giovani in condizione di Neet (Not in Education, Employment or Training, ovvero i giovani che non studiano né lavorano) fra i 15 e i 29 anni si attestano attualmente al 29 per cento del totale, circa il doppio degli italiani (18 per cento).