
Matteo Curatella, cantastorie
ABBIATEGRASSO (Milano), 9 luglio 2108 - L'immaginazione è una professione È un lavoro l'evocare mondi, luoghi, vite; cantare l'Odissea come canzonare impunemente il re Fino ad oggi, a quanto pare, no. Ma a sfatare questo mito ci ha pensato Matteo Curatella, in arte LeMat, 35 anni, attore, musicista, clown, drammaturgo e regista… In una parola: cantastorie. Titolo che anche lo Stato italiano gli ha finalmente riconosciuto in via ufficiale, concedendogli di scrivere sulla carta d'identità la sua vera occupazione, e non quel generico 'attore' che la burocrazia imponeva fino a qualche tempo fa, mancando il termine 'cantastorie' nell'elenco delle professioni.
Già altre volte, ad ogni rinnovo del documento, Matteo Curatella aveva chiesto di essere riconosciuto come cantastorie di professione, ma gli era stato sempre negato. «Invece questa volta mi sono recato in Comune con l'intenzione di farmi scrivere sul documento quello che effettivamente sono – racconta muovendosi come fosse sul palco –. E quando l'impiegato ha digitato 'cantastorie', io sono uscito leggero e felice da quell'ufficio anagrafe. È un modo per dire a me stesso e al mondo la scelta che ho fatto: sono questo, e le parole contano. Ma devo ammettere che io stesso ci ho messo anni a realizzare di essere un cantastorie».
«Tante volte, quando dicevo che facevo l'attore o il musicista, piuttosto che il cantastorie, mi rispondevano: si va bene, ma di lavoro cosa fai L'idea che l'artista non sia un vero lavoratore è tutta italiana, invece noi lottiamo per la libertà di dire veramente chi siamo. Spesso l'artista di strada che chiede il «cappello», cioè l'offerta libera per un'esibizione, viene visto alla stregua di un mendicante». Quando Matteo ha raccontato sui social la sua «vittoria» all'anagrafe il tam tam mediatico è stato enorme: «I miei colleghi erano tutti esaltati, siamo tanti in Italia, e lavoriamo duro. Da parte mia ho creato un precedente. Quando l'artista è riconosciuto per quello che è, c'è una società e uno Stato forte».
Matteo Curatella ha cominciato a suonare il pianoforte a 8 anni; poi è passato alla fisarmonica, che l'ha aiutato a dare forma al sogno fatto da bambino, «quando ho deciso che volevo un mestiere che non mi lasciasse per più di due giorni nello stesso posto». Quindi, a 13 anni, l'illuminazione guardando uno spettacolo di Marco Paolini ad Abbiategrasso: «Un uomo solo sul palco che evocava un mondo. Ho guardato il mio amico e gli detto: io voglio fare questo». E da allora è sempre in viaggio con la fisarmonica in spalla, tra spettacoli, festival, sagre e seminari. Un giorno lo trovi a cantare per i bimbi nei campi profughi in Libano; un altro per i piccoli pazienti sulla carrozzina affetti da atrofia muscolare spinale. E poi l'arte di strada («la strada è meravigliosa, perché non perdona») e tanto altro. Sempre inseguendo «un'urgenza – come ama dire lui – quella di raccontare. Sto male fisicamente se non lo faccio. Cos'è un cantastorie Uno dei mestieri più antichi del mondo. Da quando è nato, l'uomo ha avuto l'esigenza di raccontare e di raccontarsi. È una figura sacra». © RIPRODUZIONE RISERVATA