
In foto, le piste di Colere (foto Ansa/De Pascale)
Milano – Accanto alle mete turistiche più rinomate e di moda, dove un weekend a una famiglia può costare tranquillamente sopra i 1.500 euro e la settimana bianca non meno di 3.700, ci sono intere vallate che ormai non frequenta più nessuno, per colpa della neve che non c’è o delle strutture che ormai sono divenute obsolete. È “l’altra montagna" quella da smantellare e riconvertire a un turismo più sostenibile, come sostiene Legambiente nel suo rapporto “Neve diversa” 2025, ma anche quella che rischia l’abbandono o la speculazione, due mali di fronte ai quali è difficile scegliere quale sia il peggiore.
In Lombardia sono 33 le strutture non più funzionanti rispetto al censimento 2024. Strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso.
Un lungo elenco in cui compare Lizzola, in provincia di Bergamo, dove lo skilift che portava gli sciatori da 1.260 a 1.340 metri di quota è fermo dagli anni ’90, la stessa cosa accade a Zambia Alta dove l’impianto lungo appena 60 metri si è definitivamente fermato nel 2019, quando ci si è resi conto che ostinarsi a sciare a 1.270 metri di quota oltre che paradossale era diventato troppo costoso. Ad Ardesio la seggiovia e i due skilift di Piazza Spiss e Valcanale sono fermi dal 1997, al Pianone di Clusone non si scia più dagli anni Sessanta, ma la seggiovia e lo ski-lift ci sono ancora, ormai ridotti a ruderi.
Non c’è provincia che abbia qualche montagna in Lombardia dove non si conti qualche rudere, compresa Pavia che si ritrova a fare i conti con lo skilift e una manovra a Cima Colletta nel territorio di Brallo Pergola. In provincia di Como sul Monte San Primo a Bellagio non si scia dal 2013, ma è stato presentato un progetto di rilancio dell’Alpe con costruzione di parcheggi, impianti gioco per bambini, piste per e-bike, revisione della sentieristica, nuove piste e nuovi impianti da sci.

La proprietà dell’Alpe è interamente della Comunità Montana locale e Ministero dell’Interno e Regione hanno messo a disposizione 5 milioni di euro per rilanciare la località, suscitando le ire di una trentina di associazioni compreso il Cai, che ritengono assurdo pensare di mettersi a sciare a 1.700 metri di quota. Del resto, come denuncia Legambiente, dove la neve non c’è la si può creare artificialmente e di conseguenza aumentano anche i bacini con innevamento artificiale: in Lombardia se ne contano 23. Aumentano anche gli ammodernamenti o le ristrutturazioni a fronte di una scarsa operatività degli impianti: il numero più alto, ben 59, si registra qui. “Il 2024 è stato l’anno più caldo – commenta Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente – e gennaio ha segnato il record come il mese più caldo. Bisogna ripensare il turismo invernale in chiave sostenibile”.