REDAZIONE CRONACA

Vittime, i dati Inps: a Bergamo morti quadruplicati

Lombardia prima in Italia, è l’effetto del virus

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Bergamo, 22 maggio 2020 - Tra marzo e aprile "le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza presentano tutte una percentuale di crescita dei decessi superiore al 200%. Quasi tutto il nord-ovest dell’Italia risulta interessato da un incremento dei decessi superiore al 50%". Con questi dati l’Inps accompagna la nota statistica con la quale ha calcolato i dati di mortalità raccolti nel periodo dell’epidemia. La mortalità cresce nel cuore del contagio o al Sud nelle regioni come la Puglia dove sono arrivati coloro che hanno deciso di “fuggire“ dalla Lombardia in lockdown. Il rapporto analizza anche la distribuzione per età e sesso. La percentuale di donne fra i deceduti è del 44,5% mentre nello stesso periodo in un anno normale risulta del 53,8%, a conferma che il virus colpisce maggiormente gli uomini.

L’età media al decesso, nelle province più colpite dal coronavirus - Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Piacenza - è di 81,5 anni che diventa 78,5 anni per i maschi e 85,1 per le femmine. Le classi di età hanno visto incrementi più sostenuti da 90 anni e oltre (+52%), 80-89 anni (+46%) e 70-79 anni (+45%), meno per le classi d’età 60-69 anni (+30%) e 50-59 anni (+18%), mentre da o a 49 anni si è registrata addirittura una diminuzione della mortalità (-8%). Territorialmente, sono proprio le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza a superare il 200% di incremento della mortalità, con il record di Bergamo unica nella fascia fra i 300 e i 400. Ma quasi tutto il Nord-Ovest dell’Italia risulta interessato da un incremento dei decessi superiore al 50%. Ma il picco assoluto è riservato proprio alla Bergamasca, dove nella fascia d’età fra i 70 e i 79 anni, fra coloro che beneficiavano di un assegno di accompagnamento, la mortalità è cresciuta molto meno che fra coloro che non ne godevano, che hanno visto crescere i decessi addirittura del 435 percento. Stranamente, sottolinea l’Inps, a morire di più non sono stati i più fragili, perché "la platea dei percettori di indennità di accompagnamento non coincide necessariamente con la platea dei malati con patologie gravi".