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Cronaca

Neonato abbandonato in clinica Il biglietto straziante della mamma "Non posso prendermi cura di lui"

Il piccolo si chiama Enea, è stato trovato la mattina di Pasqua nella Culla per la vita del Mangiagalli. Nella lettera il dolore della donna: "Gli ho fatto le coccole". Il dottor Mosca: "Non andava lasciata sola".

Neonato abbandonato in clinica Il biglietto straziante della mamma "Non posso prendermi cura di lui"

di Marianna Vazzana

MILANO

Una copertina verde ad avvolgerlo. Accanto, una lettera scritta dalla sua mamma. In italiano. Non aveva altro con sé il piccolo Enea, il neonato di circa 2,6 chili di origine caucasica che alle 11.40 del giorno di Pasqua è stato lasciato nella Culla per la Vita del Policlinico di Milano, una contemporanea ruota degli esposti protetta e riscaldata, a disposizione di chiunque non voglia o non possa tenere il proprio piccolo con sé ma nello stesso tempo desideri sia accudito e amato. Basta schiacciare un pulsante per far sollevare la mini saracinesca esterna all’ospedale e attivare quella culla speciale. Un allarme silenzioso avvisa subito medici e infermieri che in un minuto e mezzo raggiungono il bimbo mentre chi lo ha lasciato ha tutto il tempo di allontanarsi, senza incrociare nessuno e mantenendo l’anonimato.

Il bimbo "è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok", è scritto nella lettera che riporta per prima cosa il nome del bebè, come fosse lui a presentarsi al mondo nero su bianco. Specifica anche di essere nato in ospedale, chissà quale. Un neonato in buona salute, il terzo adagiato in questo luogo da quando il servizio è stato attivato, 16 anni fa. Sempre sul foglio, Enea scrive che la mamma gli vuole bene, che gli ha fatto un sacco di coccole ma che non può occuparsi di lui. Per questo lo ha affidato al Policlinico, dove già domenica è stato sottoposto ai controlli di routine. Il piccolo può anche essere nutrito con latte materno della “Banca del latte“ realizzata alla Clinica Mangiagalli grazie alle mamme donatrici che allattano in ospedale.

"Sta bene – spiega Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano – è un bimbo sano, che non ha bisogno di accertamenti particolari. Ce ne stiamo prendendo cura con amore. La mia speranza però è che la mamma ci ripensi: è evidente che, se è arrivata a fare questo, sta vivendo un momento di disagio estremo, di sofferenza. Noi siamo pronti ad assisterla. Se vuol tenere il suo piccolo con sé è ancora in tempo. Non so quale sia il motivo alla base della sua decisione, se economico o di altro genere, ma la invito a farsi avanti: il Centro di aiuto alla vita della Clinica Mangiagalli ha già aiutato migliaia di donne in difficoltà, in gravidanza e dopo il parto, a tenere con sé e a crescere i loro bimbi".

Il professore aggiunge che "La Culla per la Vita, intanto, ha fatto il suo dovere, perché ci ha permesso di accogliere il bambino in tutta sicurezza". Certo, "vivo questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà. A Milano (e da nessuna parte) nessuna donna dovrebbe sentirsi costretta ad abbandonare il suo piccolo. Un rimedio si deve trovare". Di questa donna non si sa nulla. Solo ciò che trapela dalla lettera in cui non ha scritto neppure l’età. Da escludere che Enea sia nato alla Clinica Mangiagalli: "È una cosa che pochi sanno – sottolinea Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino". E scegliere subito dopo il parto di non tenere con sé il neonato. Presumibilmente, la donna avrebbe quindi partorito altrove per poi decidere di lasciare il suo bambino, che ora ha pressappoco una settimana di vita, nella Culla per la Vita.

Nel frattempo, il Tribunale dei Minori ha affidato provvisoriamente Enea all’ospedale. Nei prossimi giorni o settimane, lo stesso Tribunale individuerà una famiglia per l’affido selezionandola da un apposito elenco. Il piccolo potrà poi essere adottato da quella stessa famiglia o da un’altra in maniera definitiva. Prima di Enea, la Culla del Policlinico di Milano aveva già accolto due bimbi: il primo in assoluto era stato Mario, il 6 luglio del 2012, chiamato così perché quel giorno si celebrava Santa Maria Goretti. Nato prematuro, alla trentacinquesima settimana secondo le valutazioni degli specialisti, non piangeva ed era vispo. I medici avevano ipotizzato fosse stato abbandonato dalla mamma, che ha lasciato vicino al suo bebè un biberon con del latte materno e un paio di tutine. Il 1° febbraio 2016 era toccato a Giovanni, un piccino dai lineamenti asiatici. Pure lui, come Enea, aveva vicino un biglietto con la data di nascita, 20 novembre 2015, oltre al foglio delle vaccinazioni fatte e a una confezione di latte artificiale. L’hanno chiamato Giovanni "come mio figlio e come mio padre – aveva spiegato Mosca –. Perché fa un po’ parte della famiglia". Come tutti i bimbi di nessuno affidati alla Culla speciale.